Lo sviluppo delle tecnologie ha contribuito alla nascita di soluzioni sempre più sofisticate in ogni ambito. Anche nella medicina i progressi dell’informatica hanno aiutato lo sviluppo di apparecchiature più precise, meno invasive, più rapide, ecc.
Tuttavia le cronache ci ricordano che è sempre bene guardare anche il rovescio della medaglia, e quello che stiamo leggendo in questi giorni ne è un caso eclatante.
Il tema in questione è il defibrillatore, un esempio di perfetta simbiosi tra il mondo della medicina e della cura dell’uomo con le tecnologie elettroniche e informatiche. Il problema è che questa apparentemente perfetta unione potrebbe nascondere delle insidie, sino ad ora sottovalutate, e mettere in pericolo la sicurezza dei dati personali di centinaia di migliaia di persone.
Negli Stati Uniti, ad esempio, alcuni macchinari monitorano la situazione fisica ed effettuano delle valutazioni sulla salute del paziente, senza che vengano impiegati infermieri e dottori. Questa riduzione degli interventi in questo senso permette di sfruttare la professionalità dei medici in altre attività, ottimizzando così le risorse umane a disposizione della struttura.
Il problema è che questi macchinari, nella fattispecie una precisa marca di defibrillatori, non utilizzano canali di trasmissione sicuri per la comunicazione delle informazioni mediche, permettendo ad eventuali terzi di intercettare la trasmissione.
La trasmissione non è quindi criptata e potenzialmente hackerabile. I produttori dei defibrillatori già hanno dichiarato la bassa probabilità di intercettazione, data dal fatto che per ricevere correttamente i dati è necessario arrivare a stretto contatto con il paziente, con una sonda che dovrebbe avvicinarsi molto alla zona di applicazione del dispositivo.
In ogni caso, si tratta dei primi possibili attacchi a dispositivi medici e la preoccupazione, visto il tema, pur senza allarmare, inizia a crescere.