Per molti turisti che hanno soggiornato fuori porta nel weekend di Pasqua 2012 non è una novità, mentre per molti altri l?amara sorpresa arriverà durante i ponti del 25 aprile e del 1 maggio: sono infatti in continua crescita i comuni italiani che applicano la tassa di soggiorno, balzello municipale che deve essere versato da coloro che pernottano nelle strutture turistico ricettive.
La tassa di soggiorno è stata introdotta a partire dal 2011, precisamente all?interno del decreto sul federalismo municipale, tuttavia inizialmente ad applicare l?imposta sono stati solo pochi Comuni (Venezia, Roma, Firenze, Padova, Vieste, Villasimius): allo stato attuale, invece, le amministrazioni comunali che hanno deciso di avvalersi di questa possibilità e tassare i turisti sono circa 480. La tassa può essere riscossa solo nei Comuni capoluogo di Provincia e nei Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte, e secondo un’indagine della Uil Servizio Politiche Territoriale il raggio di azione dell?imposta è destinato a estendersi ancora di più.
«Una moltitudine dei cosiddetti Comuni turistici stanno ricorrendo a questa tassa, introdotta dal precedente Governo, che sta infiammando il dibattito tra favorevoli o contrari in tante località.»
Come funziona la tassa di soggiorno turistico? Fermo restando che i Comuni hanno la facoltà di aumentarla di anno in anno, l?imposta può essere una tariffa fissa per notte oppure può variare a seconda del livello di classificazione della struttura: stelle (alberghi e campeggi), chiavi (residence), spighe (agriturismi). Solo per fare un esempio, a Firenze alloggiare in un albergo costa da 1 euro a 5 euro per notte, mentre pernottare in un agriturismo da 1 euro a 3 euro, e in un B&B da 1 euro a 2 euro.
Il Segretario Confederale Guglielmo Loy illustra la posizione della Uil a proposito della tassa di soggiorno nel turismo, che dovrebbe essere veicolata a favore dei cittadini:
«La Uil non è contraria a priori a questa imposta, purché essa sia propedeutica a disegnare un fisco locale più equo. Infatti, se è finalizzata a un abbassamento della pressione fiscale dell’addizionale comunale Irpef o per attenuare l’impatto tariffario dei servizi pubblici locali per i residenti, ben venga. Tra l’altro con questa imposta, che si prefigura come una vera e propria tassa di scopo, si potrebbe creare, soprattutto in quelle località ad alto impatto turistico, quel circolo “virtuoso” in grado di mettere in moto l’occupazione locale attraverso investimenti nelle opere infrastrutturali turistiche. La nostra impressione è che invece ci si stia incamminando da tutt’altra parte, come dimostrano i recenti aumenti delle aliquote dell’Imu, della Tassa sui rifiuti e delle varie addizionali: il timore, dunque, è che questa imposta serva, soltanto, per non far piangere le casse dei Comuni.»