Tratto dallo speciale:

Differenze tra “promessa al pubblico” ed “offerta al pubblico”

di Cristina Liberti

27 Aprile 2007 09:00

Un commerciante al dettaglio o chi fa selezione del personale dichiara un intento, una volontà di entrare in una relazione con il pubblico. È importante cogliere le sottili differenze diverse modalità

La promessa al pubblico, disciplinata dall’art. 1989 c.c., è un atto negoziale, un negozio giuridico unilaterale (ovvero una dichiarazione di volontà – ndR) rivolto ad incertam personam, praticamente è un negozio ad effetti obbligatori che ha come destinatari non già un soggetto o soggetti determinati, ma appunto un gruppo più o meno ampio di soggetti.

Si è dunque in presenza di una tipica ipotesi di negozio per relationem dove la relatio investe l’aspetto soggettivo dell’atto. L’atto è rivolto a destinatari che si trovano in una certa condizione o compiono una determinata attività. Se ad esempio un professore promette di regalare una pizza gli studenti con la media più alta, la condizione del destinatario coincide con la sua media.

Questo gruppo, questa collettività di destinatari, non deve essere eccessivamente ristretta perché altrimenti si sarebbe in presenza di una promessa indirizzata a soggetti determinati e cioè determinati per l’appartenenza ad una determinata collettività.

Questo spiega perché il legislatore richieda sia uno strumento di pubblicità per rendere conoscibile la promessa ai destinatari, sia stabilisce che la promessa è vincolante per il promettente non appena è resa pubblica: trattandosi dunque di un negozio unilaterale ad effetti obbligatori una volta che la promessa sia stata resa pubblica obbliga già di per sé il promittente ad una prestazione.

Il legislatore stabilisce che ha diritto alla prestazione il soggetto che si trovi nella situazione ipotizzata dalla promessa o compia l’attività individuata della promessa. È come dire che il diritto alla prestazione non sorge subito (al momento in cui la promessa viene resa pubblica), ma soltanto nel momento in cui qualcuno si trovi nella situazione data o compia l’attività indicata.

Chi si trovasse nelle condizioni indicate dalla promessa deve necessariamente darne comunicazione al promittente: il momento perfezionativo della fattispecie obbligatoria andrebbe individuato proprio nel momento in cui avviene questa comunicazione. Ma come può essere spiegata più nel dettaglio questa fattispecie?

Viene subito alla mente un meccanismo che sembra di facile utilizzo e cioè la condizione: nella promessa al pubblico verrebbe in rilievo una sorta di c.d. condicio iuris, nasce dalla promessa un vincolo che diviene efficace (e quindi produttivo di effetti obbligatori) soltanto nel momento in cui il destinatario della promessa comunichi di trovarsi nella posizione indicata nella promessa o che abbia compiuto quell’attività.

L’ipotesi della condizione non convince perché la condizione è un meccanismo che dovrebbe essere imposto dalla legge (la cosiddetta condicio iuris è tale, cioè non imposta dalla volontà delle parti ma imposta dalla legge); nella promessa al pubblico la condizione non è imposta dalla legge ma dalla volontà delle parti (è pur sempre chiaro che il promettente intende erogare la prestazione solo a chi si trovi nella situazione data o abbia compiuto quella determinata attività, quindi è già dubbio che si tratti di condicio iuris anziché di c.d. condicio facti).

La condizione, in ogni caso, ha per sua natura ha effetti retroattivi mentre, nel caso specifico della promessa al pubblico, il diritto di pretesa sembra sorgere soltanto nel momento in cui soggetto comunica la posizione data all’interessato.

Altro strumento alternativo che spiega la formazione e conclusione del negozio giuridico è il ricorso alla cosiddetta fattispecie a formazione progressiva.

Si distinguono due fasi di formazione della volontà:

  • una prima fase che è quella della promessa e della sua pubblicazione (e naturalmente la fase che di per sé fa nascere gli effetti prodromici ma che non determina ancora gli effetti costitutivi definitivi),
  • la fase poi dell’effetto costitutivo definitivo è rinviata al momento in cui il soggetto che si trovi nella situazione data o abbia compiuto quella determinata attività la comunichi al promittente, è questo il momento perfezionativo della fattispecie che dunque nella fase iniziale produce soltanto effetti prodromici.

Pare che il legislatore, nell’aver immaginato la predetta fattispecie, abbia optato per questa soluzione prevedendo che il promittente possa revocare la sua promessa finché il destinatario non abbia comunicato di trovarsi nella situazione data o di aver compiuto quell’attività.

La revoca della promessa non solo deve essere fatta per giusta causa, ma deve essere anche resa pubblica con le stesse modalità con cui è stata resa pubblica la promessa.

L’obbligazione che nasce dalla promessa proprio perché è una obbligazione a favore di un soggetto ancora non determinato ma determinabile (se entro il termine prefissato il destinatario comunica di trovarsi nella situazione data). La promessa unilaterale per sua natura si presenta essenzialmente neutra, e infatti si afferma che la promessa unilaterale pur non presentando chiaramente aspetti di onerosità, non presenta neanche aspetti marcati di liberalità e cioè di gratuità: e infatti si afferma che in questo caso comunque la causa giustificativa della promessa è essenzialmente quella di promuovere la concorrenzialità, quella di incentivare lo spirito di solidarietà, nell’ambito di una certa collettività diffusa e questo di per sé basterebbe a renderla meritevole di tutela.

Esaminiamo ora le differenze tra la promessa al pubblico e la cosiddetta offerta pubblico.

Sotto il profilo strutturale e sotto il profilo della disciplina giuridica si tratta di due istituti differenti, anche se nella pratica non è così semplice discernere quale sia in concreto l’inquadramento da attribuire ad una od all’altra fattispecie.

Non c’è dubbio che la proposta, o meglio l’offerta al pubblico, sia un atto pre-negoziale che richieda comunque il consenso dell’oblato (del chiamato) perché possa perfezionarsi il contratto, e che quindi in realtà sia una fattispecie incompleta; mentre la promessa al pubblico, come sopra meglio specificato, e già di per sé vincolante non appena viene resa pubblica (anche se poi la prestazione è esigibile all’atto della comunicazione da parte del soggetto che compia o abbia compiuto l’attività richiesta).

Il problema della distinzione fra promessa e offerta al pubblico è un problema che riguarda le fattispecie in sé considerate: l’opinione prevalente afferma che la distinzione più che su dati strutturali teleologici vada fondata proprio su un dato oggettivo che riguarda la natura dell’attività o del risultato che costituiscono l’oggetto della promessa interessata e che non devono essere appunto un’attività o un risultato negoziabili.

Può anche essere vero che, in definitiva ed a parte diverso regime giuridico, l’intento manifestato dal dichiarante sia diverso nell’uno e nell’altro caso, perché non c’è dubbio che chi promette (e la promessa sia una promessa interessata) mira a conseguire immediatamente il risultato cui tende; mentre nell’ipotesi dell’offerta o proposta al pubblico in realtà il risultato dell’operazione economica richiede prima la fase della conclusione del contratto e quindi la sua esecuzione.

Ma quali possono essere degli esempi tipici di offerta al pubblico? La pubblicità sui giornali, l’esposizione della merce con il relativo prezzo, l’offerta della merce attraverso apparecchi a gettoni.

In definitiva nella promessa al pubblico il promittente praticamente vuole conseguire un’attività, un risultato, che sostanzialmente si dice non essere negoziabile, non può costituire oggetto di una vera e propria prestazione contrattuale.

Questo spiega il perché la promessa unilaterale sia collocata sistematicamente nell’ambito delle promesse unilaterali anziché nell’ambito contrattuale: l’oggetto dell’attività che si richiede come dato relazionale (l’individuazione dell’avente diritto alla prestazione) è appunto un’attività e un risultato che non possono formare oggetto di un contratto.

Per esempio il premio per chi effettuerà una scoperta scientifica, il premio per chi ritroverà l’oggetto smarrito, il premio assicurato al soggetto che risulterà vincitore di un concorso, premio che può consistere in una prestazione vera e propria o anche nella conclusione di un contratto successivo; è chiaro che proprio in quanto sono risultati o attività comunque insuscettibili di formare oggetto di prestazione in senso tecnico-giuridico (dunque non sono prestazioni vere e proprie), costituiranno l’indice più rilevante per stabilire se si è in presenza di una promessa al pubblico o di una offerta al pubblico.

Con riferimento ai concorsi per la selezione del personale da assumere, dove generalmente sono indicati i criteri per la partecipazione e per la selezione successiva, ci si trova di fronte a fattispecie in ambito tipicamente contrattuale perché appunto vengono fissate delle regole dove è ovvio che sia ai fini partecipativi che sia ai fini dell’esito della selezione concorsuale, nascerà un vero e proprio diritto ad ottenere la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato che però si colloca appunto nell’ambito delle offerte al pubblico più che delle promesse al pubblico.

Se invece si esamina la fattispecie relativa ai cosiddetti concorsi a premio, ci si rende conto di essere di fronte ad un ambito in cui occorre naturalmente effettuare una verifica preliminare: un conto è che effettivamente, ad esempio, l’acquisto di certi prodotti dia diritto alla partecipazione ad un concorso per l’estrazione di premi (dove indubbiamente la legittimazione a partecipare al concorso di per sé appunto non consente di fare acquistare automaticamente un diritto al conseguimento del premio, è un discorso rientra comunque nell’attività o nei risultati non negoziabili), altro conto è se invece il produttore di alcuni beni o servizi accompagni la sua dichiarazione con la quale si impegna a fornire, per esempio, un premio a chiunque acquisti un determinato prodotto (qui siamo nell’ambito dell’offerta al pubblico non della promessa al pubblico, perché si tratterebbe appunto di una prestazione aggiuntiva incentivante delle vendite, quindi in funzione essenzialmente promozionale, che però è ad esito automatico, scontato, è negoziabile.

Appare del tutto ovvio che se le promesse sopra indicate si inseriscono in una fattispecie contrattuale più ampia perdono la loro connotazione giuridica originaria e refluiscono interamente nel contratto da cui risultano disciplinate: così per esempio con riferimento ai concorsi che riguardano estrazione di premi sarà il contratto di gioco e di scommessa, che assorbendo la promessa in sé praticamente si atteggia come un vero e proprio contratto aleatorio: la promessa unilaterale non ha più ragion d’essere perché si inserisce in uno schema contrattuale complesso dove, per esempio, confluiscono gli elementi del mandato, gli elementi del deposito ed anche gli elementi della scommessa o del gioco.