Le Regioni non possono legiferare o emettere provvedimenti che riguardino l’orario di lavoro, nemmeno nei confronti dei dipendenti pubblici: lo ribadisce la Corte Costituzionale, con una sentenza che ha dichiarato illegittimo l’articolo di una legge regionale pugliese che fissava un tetto a 48 ore settimanali per i medici in regime di parasubordinazione (art. 21, comma 7, legge Regione Puglia 4/2010).
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La Corte, con sentenza 121/2017 sottolinea che la disciplina della prestazione lavorativa deve essere ricondotta alla materia dell’ordinamento civile, in quanto parte integrante del trattamento normativo del lavoratore dipendente, sia pubblico che privato. Esula dalla competenza legislativa regionale la regolamentazione di lavoro autonomo o subordinato, la materia è di esclusiva competenza del legislatore statale (articolo. 117, secondo comma, lettera l, Costituzione).
E nella fattispecie, come ribadisce la sentenza, il caso in oggetto si riferiva ad attività di lavoro:
«inquadrabili nella prestazione d’opera professionale, in regime di parasubordinazione».
La natura non subordinata del rapporto di lavoro, secondo la Corte, è rilevante «rispetto alle richiamate deroghe previste in materia dalla normativa nazionale e europea» e, in particolare, a quelle stabilite dall’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 66/2003, in base a cui comunque:
«le disposizioni sulla durata massima dell’orario di lavoro non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi».
Comunque sia:
«in presenza di una materia attribuita alla competenza esclusiva dello Stato, alle Regioni è inibita anche la mera riproduzione della norma statale».