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Riforma Contratti: i nodi dell’accordo su produttività e lavoro

di Barbara Weisz

Pubblicato 18 Ottobre 2012
Aggiornato 19 Ottobre 2012 15:42

Imprese e sindacati non raggiungono l'accordo su salario di produttività e contrattazione di secondo livello da presentare al governo, che sperava di chiudere entro il Consiglio Europeo del 18ottobre. I nodi: potere d'acquisto dei salari e rappresentanza sindacale.

Imprese e sindacati continuano a trattare ma ancora niente accordo sulla produttività del lavoro, da inserire nel più ampio quadro della riforma dei contratti nazionali e di secondo livello:

Produttività => i punti della riforma dei contratti

Le imprese di Confindustria, Rete Imprese Italia, ABI, Ania e Alleanza delle Cooperative hanno messo a punto nelle scorse settimane un documento unitario, che prevede di premiare la produttività introducendo molta più  flessibilità in tema di orari di lavoro e permessi ma anche demansionamento:

Riforma Contratti => rivalutazione dei salari per la produttività

La trattativa con i sindacati si è però arenata sul potere d’acquisto dei salari  in rapporto ai CCNL, sulle materie delegabili alla contrattazione aziendale e sul capitolo rappresentanza. Da definire, inoltre, le forme di compartecipazione alla gestione d’impresa e agli utili sul modello tedesco (vedi in dettaglio).

La rappresentanza sindacale

L’intesa tra le parti sociali del giugno 2011 (leggi cosa prevedono) e gli incentivi per la produttività confermati dalla Legge di Stabilità 2013 prevedono che gli accordi aziendali possano essere firmati dalle sigle più rappresentative a livello nazionale. E qui sta l’inghippo: quale il criterio preciso per stabilire quali?

Su questo punto il documento delle imprese propone che entro il 31 dicembre 2012 vengano definite le modifiche da introdurre alla disciplina delle rappresentanze sindacali unitarie contenute nell’Accordo Interconfederale 20 dicembre 1993, per armonizzarle con le finalità fissate il 28 giugno 2011.

A mettere paletti che al momento trovano resistenze (anche sindacali) è la Cgil, che spinge per un sistema proporzionale puro nelle elezioni delle Rsu, le rappresentanze sindacali unitarie, togliendo il “premio” di un terzo dei seggi ai sindacati firmatari del contratto nazionale che è attualmente previsto (in base agli accordi del ’93).

Salario di produttività

Altre richieste della Cgil: rapida conclusione dei rinnovi contrattuali e la difesa del potere di acquisto dei salari nel contratto collettivo nazionale (legando aumenti di produttività alla contrattazione di secondo livello): i contratti nazionali quindi dovrebbero mantenere la funzione di equilibrare il salario minimo incamerando la salita dell’inflazione.

I sindacati sarebbero invece d’accordo nel delegare la parte variabile degli stipendi alla contrattazione aziendale in misura maggiore rispetto a oggi (ad oggi, su 100 euro di aumento, in media 88 riguardano la contrattazione nazionale e 12 quella di secondo livello).

L’accordo sulla produttività, infine, si lega a doppio filo con gli incentivi fiscali sul salario di produttività previsti dalla Legge di Stabilità, che salteranno senza un apposito decreto ministeriale da emanarsi entro il 15 gennaio 2013:
Detassazione straordinari 2013 => ecco come funzionerà

Un accordo fra le parti consentirebbe di applicare la norma in modo efficace: il rischio è che, altrimenti, si conceda un’agevolazione a pioggia senza criteri precisi che ne garantiscano un effettivo ritorno in termini di produttività.

Demansionamento

L’ultimo punto su cui si deve trovare un accordo è il demansionamento (=>consulta la normativa attuale): la proposta delle imprese prevede la possibilità di regolamentare con maggior efficacia questa materia per via contrattuale, mentre al momento il demansionamento non è previsto è il concetto di equivalenza delle mansioni, sancito dal codice civile, non trova un’articolazione in sede di contrattazione fra le parti, e viene generalmente valutato dal giudice in sede di contenzioso.