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Sussidi lavoro INPS: il quadro italiano

di Barbara Weisz

6 Luglio 2017 08:51

Rapporto INPS su sussidi e prestazioni sociali dalla crisi a oggi, con il boom di cassa integrazione in deroga anche nelle PMI e la riforma degli ammortizzatori sociali.

Gli anni della crisi hanno visto un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, con 350mila imprese che hanno utilizzato la cassa integrazione, nella metà dei casi ordinaria, con punte di accesso alla cig in deroga (oltre 133mila 500 aziende), soprattutto da parte di PMI di piccola dimensione: sono i dati del XVI Rapporto INPS, che quantifica il peso della crisi sul sistema del welfare, e identifica linee guida da seguire per la sostenibilità futura sulla base dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro.

=> Riforma ammortizzatori sociali

Cassa integrazione

Due terzi delle imprese che hanno utilizzato la cassa integrazione fra il 2008 e il 2016, hanno avuto accesso allo strumento per più di un anno, una su cinque per oltre cinque anni.

«Difficile pensare che, in questi casi, si tratti di problemi temporanei – rileva Tito Boeri, presidente INPS, nella sua relazione -, indubbio che siamo di fronte a un sussidio prolungato che riduce in modo continuativo il costo del lavoro di alcune imprese».

Circa un beneficiario su quattro di Cassa Integrazione nel 2014 aveva ricevuto il trattamento per più di nove mesi.

«Tutto questo ci dice che utilizziamo per periodi molto lunghi strumenti concepiti per affrontare crisi temporanee. Significa offrire un pessimo servizio al Paese, che ha bisogno di far evolvere la propria specializzazione produttiva, ma anche agli stessi lavoratori coinvolti, spinti a rimanere in qualche modo parcheggiati presso aziende che non sono più in grado di offrire loro un futuro».

report INPS ammortizzatori

Il miglioramento dell’economia e la riforma degli ammortizzatori sociali del 2015 contenuta nel Jobs Act hanno ridotto la durata degli ammortizzatori sociali, nel biennio 2015-2016 quelli durati più di nome mesi sono diminuiti del 60%. La copertura degli ammortizzatori sociali disponibili, con il passaggio alla NASpI è aumentata:

«circa il 6% dei beneficiari NASpI nel biennio 2015-16 non avrebbe avuto del tutto accesso ai sussidi di disoccupazione in assenza della riforma. Altri ne sarebbero stati esclusi prima, dopo averne esaurito la durata massima: oggi il sussidio dura mediamente circa due-tre mesi in più».

report inps

Reddito di Inserimento

Manca ancora, però:

«uno strumento universalistico per chi non ce la fa comunque a trovare lavoro al termine della durata massima dei sussidi di disoccupazione e, più in generale, per tutti coloro che finiscono in condizioni di indigenza».

Il REI, reddito di inserimento, in arrivo nel 2018, registra passi avanti ma resta

«una misura basata su condizioni categoriali arbitrarie: presenza in famiglia di un componente minore oppure di una persona con disabilità, di una donna in gravidanza o di un disoccupato con più di 55 anni».

L’importo del REI è definito troppo basso:

«non potrà eccedere i 340 euro al mese per una persona sola, quando la corrispondente soglia Istat di povertà assoluta, anche al Sud, è superiore ai 600 euro al mese». L’obiettivo di uno strumento universale è invece quello di «offrire un sostegno a tutti quelli che ne hanno davvero bisogno, il cui accesso è dunque condizionato unicamente ad una prova dei mezzi (accertamento di condizioni patrimoniali e reddituali al di sotto di soglia prestabilita) e la cui durata dipende dal comportamento del beneficiario (disponibilità a lavorare se in condizione di farlo, dichiarazione tempestiva di ogni altro reddito nel frattempo percepito)».

=> Reddito di Inclusione REI: addio SIA e ASDI

Mobilità

Fra le misure per rendere il mondo del lavoro più produttivo, rendere la mobilità meno costosa: in Italia c’è il più alto mismatch fra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dai lavoratori. In altre parole, abbiamo il primato nella percentuale di lavoratori sbagliati  al posto sbagliato, mentre superando questa lacuna la produttività del lavoro potrebbe aumentare del 10%, colmando un quinto del gap di efficienza che ci separa dagli Stati Uniti.

Bisogna ridurre il mismatch con una miglior transizione scuola lavoro e incentivando la formazione on the job, sul posto di lavoro. La mobilità deve essere ben orientata dalle imprese in declino a quelle in crescita. Il tasso di turnover fra lavoratori in Italia è al 35%, quindi due terzi dei lavoratori del privato non hanno cambiato posto di lavoro nel corso dell’anno. Il turnover fra i lavoratori extracomunitari è invece molto più alto, intorno al 55%. In generale il ruolo degli immigrati nel sistema previdenziale italiano è uno dei temi fondamentali di questa edizione del report. Per avere una mobilità di maggior qualità, Boeri suggerisce una processo di:

«determinazione dei salari capace di attrarre lavoratori  verso  le imprese e i posti dove la produttività è più alta e maggiori sono le prospettive di crescita».

Salari

Il presidente dell’INPS si esprime a favore dell’introduzione di un salario minimo, citando il:

«duplice vantaggio di favorire il decentramento della contrattazione e di offrire uno zoccolo retributivo minimo per quel crescente numero di lavoratori che sfugge alle maglie della contrattazione».

Le premesse ci sono già, precisa Boeri con riferimento alle nuove norme sul lavoro occasionale, che di fatto fissano per legge una retribuzione minima oraria (12 euro per il datore di lavoro, 9 al netto dei contributi sociali in tasca al lavoratore) e un quantitativo minimo di ore di lavoro da prestare, consentendo il controllo sulla durata effettiva della prestazione.

«Di qui il passo è breve per introdurre un salario minimo orario nel nostro ordinamento».

Fonti: Rapporto INPS – Relazione del Presidente Boeri