Per diventare presidente degli Stati Uniti bisogna essere nati in uno dei 51 Stati a stelle e strisce ma per aprire un’azienda non ci sono limitazioni di questo genere, anzi: oltreoceano stanno preparando una nuova legge per attirare imprenditori e professionisti ad alta specializzazione.
Si dovrebbe chiamare Start Up 2.0 ACT secondo il progetto bipartisan, che tuttavia è ancora fermo in Congresso seppur caldeggiato da colossi come Google, Microsoft, Facebook, e in genere dalle aziende della Silicon Valley: le imprese simbolo delle potenzialità dell’innovazione sperano che il secondo mandato di Barack Obama possa partire proprio con l’approvazione di questa legge.
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La norma prevede una serie di misure, fra cui un vero e proprio visto per imprenditori: si ipotizza di rilasciarne circa 75mila, a persone provenienti da tutti i paesi che vogliano aprire un’azienda negli Stati Uniti. E poi agevolazioni fiscale, ad esempio crediti d’imposta per le aziende che finanziano ricerca e sviluppo.
Un po’ sulla scia di quanto si pensa di fare in Italia:
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Naturalmente ci sono una serie di condizioni da rispettare. Ad esempio, la start-up deve raccogliere fondi per almeno 100mila dollari, assumere almeno due dipendenti e impegnarsi a quintuplicarne il numero nel giro di pochi anni.
La norma vuole agevolare i talenti in generale, non necessariamente imprenditori o aspiranti tali. Prevede per esempio novità per quanto riguarda i visti degli studenti che frequentano Master o PhD negli Usa, con percorsi specifici per ottenere la green card (l’ambitissimo permesso di soggiorno negli Stati Uniti).
E propone anche di allentare le maglie per ottenere un permesso di lavoro, creando una sorta di start up visa.
Alcune compagnie del calibro di Microsoft, eBay, Hewlett-Packard, Oracle, Intel, infatti, nel marzo scorso hanno scritto all’amministrazione Obama lamentando di aver avuto difficoltà a spostare i propri dipendenti negli Stati Uniti, a causa delle restrizioni legate all’ottenimento del visto (ci sono ad esempio dei tetti numerici da rispettare).
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Se tutti conoscono le potenzialità che il sistema economico americano offre ai giovani con brillanti idee imprenditoriali, che dai garage della Silicon Valley hanno scalato Wall Street, forse è meno noto il fatto che diverse delle protagoniste del boom tecnologico a stelle e strisce sono aziende fondate da immigrati.
Qualche esempio? Uno dei due fondatori di Google, Sergey Brin, è nato a Mosca, il co-fondatore di Yahoo Jerry Yang è taiwanese, il fondatore di eBay, Pierre Omidyar, è un francese di origine iraniana, fra i padri di Sun Microsystem (oggi Oracle) c’è l’indiano Vinod Khosla.
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