Dall’avvento massiccio di internet nelle aziende italiane, circa 15 anni fa, per ogni posto di lavoro perso ne sono stati creati 1,8. Il digitale, pertanto fa bene all’economia italiana e lo fa a quelle di tutti i Paesi del mondo che, in fasi successive, si sono lanciati in quello che a metà dagli anni Novanta era un settore sconosciuto e incerto.
Dal 1996 a oggi, l’informatizzazione delle aziende ha permesso la creazione di 320mila posti di lavoro (al netto di quelli persi), come dice un rapporto redatto dal Digital Advisory Group (DAG), un’associazione formata da oltre 30 fra grandi aziende pubbliche o private, organizazioni e università che operano in Italia e che puntano a contribuire allo sviluppo dell’economia digitale del nostro Paese che, come si vede dai grafici, è in forte ritardo rispetto al resto del mondo.
Il DAG – di cui fanno parte società come Telecom Italia, Google Italia, Microsoft, Cisco, Mastercard o università come il Politecnico di Torino e la Bocconi di Milano – suggerisce 12 punti prioritari che consentiranno non solo di costruire il futuro digitale dell’Italia ma anche di dare impulso alla crescita e all’occupazione:
1 – Colmare il digital divide, aumentando la copertura wi fi e la banda larga
2 – Pianificare le reti di futura generazione
3 – Favorire l’armonizzazione della normativa digitale a livello europeo
4 – Creare un advisory board strategico per le politiche digitali
5 – Incoraggiare la propensione al web dei consumatori
6 – Promuovere nuove modalità di consegna degli acquisti online
7 – Ampliare l’offerta digitale, lanciando roadshow per le Pmi a livello regionale
8 – Sostenere l’attività di e-commerce delle Pmi
9 – Promuovere i servizi di e-government e esistenti migliorandone la fruibilità
10 – Pianificare lo sviluppo di una formazione digitale di qualità
11 – Costituire una Digital Experience Factory, ossia una fabbrica vera e propria creata per accrescere la conoscenza del potenziale digitale e le e-skills di imprenditori e addetti, soprattutto delle piccole e medie imprese
12 – Incentivare le start up digitali
Ma qual è l’importanza dell’economia digitale in Italia? Attualmente incide per il 2% sul Pil, con un contributo del 14% alla sua crescita negli ultimi 4 anni cui vanno aggiunti ulteriori 20 miliardi di impatto indiretto.
Notevole anche l’impatto sulle Pmi della Penisola, che ha visto una crescita media annua del 10% di quelle attive sul web, rispetto alla stagnazione delle non attive. Ancor meglio ha fatto il loro margine operativo, che grazie a internet è stato del 50% in più rispetto a chi non ha adottato le tecnologie su larga scala. Tornando alla nuova occupazione digitale, questa è stata creata soprattutto nelle grandi aziende o negli istituti bancari. Per quanto riguarda le Pmi, in raeltà, il discorso cambia: negli ultimi 15 anni per ogni posto di lavoro perso, ne sono nati appena 1,03 contro il valore di 1,8 registrato in Francia, dove a livello complessivo il rapporto posti persi/posto guardagnati è di 1 contro 2,4. Sempre meno della Svezia, dove per ogni posto di lavoro perso ne sono stati creati 3,9.
In base allo studio Dag, si evince anche che il 46% dei contratti che le agenzie immobiliari hanno concluso nel 2010 è stato effettuato grazie al web per un controvalore di 26 miliardi di euro. Per quanto riguarda le banche, circa il 10% dei mutui erogati si devono a internet, visto che molti clienti si sono orientati ad esse attraverso il proprio computer, tramite cui si è scelta l’offerta migliore.
Purtroppo la scarsa propensione degli italiani all’utilizzo delle tecnologie digitali si scontra talvolta con una rete che è spesso insufficiente o, comunque, non è all’altezza delle conoscenze tecnologiche odierne. “E per migliorare questo stato di cose – si legge nel rapporto – è necessario che l’Italia colga le opportunità offerte dall’evoluzione delle tecnologie di rete, tanto nell’ambito della rete fissa (come la fibra ottica) quanto della rete mobile (come le tecnologie LTE 4G16 e WiMAX). Le connessioni in fibra ottica offrono altissime velocità ed elevata affidabilità, ma la loro disponibilità in Italia è tuttora molto ridotta: solo 2,5 milioni di abitazioni hanno accesso alla rete in fibra ottica e la copertura è circoscritta ad aree urbane come Milano“.