Un rapporto impietoso quello sulla scuola media italiana formulato dalla Fondazione Agnelli. Prepara male i ragazzi, che addirittura nelle materie scientifiche peggiorano sensibilmente, non garantisce equità, anzi aumenta i divari fra gli studenti. I quali non vanno a scuola volentieri, nella stragrande maggioranza dei casi. Del resto, la scuola media viene bocciata anche dagli stessi insegnanti, che spesso ne danno un giudizio negativo.
Il terzo “Rapporto sulla scuola in Italia 2011” della Fondazione Giovanni Agnelli (istituto indipendente di cultura fondato 45 anni fa e che dal 2008 ha concentrato le proprie attività sul tema dell’educazione), disponibile nei prossimi giorni nelle librerie, edito da Laterza, presentato ieri a Roma alla presenza del ministro della Pubblica Istruzione Francesco Profumo, parla chiaro: la scuola media è l’anello debole della catena del sistema dell’istruzione italiana.
I ragazzi alle elementari sono più bravi e preparati, alle medie peggiorano, al liceo recuperano. Un esempio: fra la quarta elementare e la terza media, i ragazzi nei test internazionali perdono più di 20 punti in matematica e scienze. I risultati dei test penalizzano in particolare gli studenti che hanno genitori con bassi livelli di istruzione.
E ancora: in Italia ad andare a scuola volentieri (stiamo parlando di ragazzi preadolescenti, un’età in cui la socializzazione al di fuori della famiglia è a dir poco fondamentale) sono il 17% dei maschi e il 26% delle femmine, contro una media internazionale rispettivamente del 33 e del 43%. Questo a 11 anni, mentre a 13 la situazione precipita ulteriormente, collocando «il nostro paese agli ultimi posti».
Il disagio riguarda anche gli insegnanti: oltre il 50% è insoddisfatto della propria preparazione, nel 35% dei casi cambiano scuola quasi ogni anno. E l‘età media dei professori è superiore ai 52 anni.
Andrea Gavosto, l’economista che dirige la Fondazione, non ha dubbi: «il problema prinicipale sta nelle caratteristiche degli insegnanti». Che dovrebbero essere più preparati a rapportarsi con ragazzi che entrano nell’adolescenza, magari più giovani, maggiormente attrezzati sia sulla disciplina sia sulla didattica. E ancora: dovrebbero essere assunti tramite chiamata diretta o concorso dedicato alle scuole medie. E sulla base del merito, non di altri criteri quale quello dell’anzianità, che prevale nelle graduatorie dei precari.
In genere vengono elencati una serie di punti deboli della scuola media: modelli didattici vecchi, spettro disciplinare frammentato, criteri di formazione delle classi poco equi, corpo insegnanti con un’anzianità da record, insufficienti strumenti pedagogici e didattici.
Il rapporto propone anche una serie di soluzioni possibili. Innanzututto, bisognerebbe estendere il tempo pieno, in controtendenza con la recente riduzione del tempo scuola alle media, probabilmente suggerita dalla necessità di contenere i costi. A scuola i ragazzi dovrebbe stare almeno fino alle 4 del pomeriggio, e bisognerebbe magari ridurre le ore di lezione e aumentare quelle di laboratorio.
Poi, approfittando del fatto che nei prossimi dieci anni migliaia di insegnanti andranno in pensione, bisognerebbe assumere una nuova generazione di professori, possibilmente non ricorrendo come detto alle graduatorie dei precari, basate unicamente sull’anzianità di servizio, ma sul merito e sulla capacità di interagire con ragazzi in età preadolescenziale.
Necessaria una «maggiore uguaglianza degli apprendimenti su base sociale e culturale». Quindi, classi più eterogenee, gruppi coooperativi di studenti al loro interno, più personalizzazione, strumenti informatici, creazione di istituti comprensivi per rendere più agevole il passaggio dalle elementari alle medie.