Sono stati chiusi gli internet cafè, limitata la disponibilità di banda larga, censurati siti web ma i blogger iraniani non hanno smesso di dar voce alle proprie opinioni. Allora il parlamento ha pensato di tacciarli come Mohareb, nemici di Allah.
In Iran in questi giorni si discute una proposta di legge che includerebbe gli utenti “scomodi” della rete tra i criminali che attentano alla morale del Paese: «Una delle responsabilità più importanti per lo stato è garantire la sicurezza sociale e mentale nella società». È quanto si legge nel testo.
A legittimare questa decisione ci sarebbe la possibilità che i weblog promuovano idee antigovernative che istighino alla corruzione, alla pornografia e all’ateismo.
Considerati alla stregua di stupratori, rapinatori o assassini i blogger che sfruttano la rete per dissentire dalle regole imposte dallo stato potrebbero subire punizioni come l’esilio o l’impiccagione, oltre all’amputazione della mano destra e del piede sinistro.
Cosa poi possa essere considerato corruzione o istigazione alla prostituzione saranno le autorità a stabilirlo senza alcun limite all’interpretazione delle misure imposte dalla legge. Questo provvedimento non fa che inasprire il regime repressivo dell’Iran che, secondo le stime di Amnesty International, ha eseguito lo scorso anno 317 condanne a morte, contro le 177 dell’anno precedente.