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Pensioni in Manovra: i punti deboli di Quota 102 e Opzione Donna

di Barbara Weisz

24 Novembre 2021 15:49

Corte dei Conti, Bankitalia e Upb sulle pensioni in Manovra: Opzione Donna e Quota 102 in chiaroscuro, più politiche per l'occupazione di giovani e donne

Anche Corte dei Conti, Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di Bilancio hanno fornito il proprio parere sulla riforma pensioni da scrivere e sulle formule di flessibilità in uscita inserite in Legge di Bilancio. Vediamo con precisione i principali rilievi presentati nel corso delle audizioni parlamentari in commissione al Senato sulla manovra economica, che prevedibilmente sarà oggetto di emendamenti soltanto a Palazzo Madama, per arrivare blindata da voto di fiducia alla Camera.

Quota 102 migliorabile

La Corte dei Conti analizza la nuova platea di beneficiari con diritto a pensione. La Quota 102, con 64 anni di età e 38 di contributi maturati entro il 31 dicembre 2022, comporterà 17mila uscite nel 2022 e 24mila nel 2023, con gli effetti che si esaurirebbero nel 2026. La spesa, al lordo degli effetti fiscali, è pari a 191,2 milioni nel 2022 e 687 milioni nel 2023. La magistratura contabile ribadisce la propria posizione in base alla quale, fin dall’avvio, la Quota 100 ha costituito «una risposta non efficiente, per gli equilibri della finanza pubblica, ad una pur presente esigenza del sistema italiano: quella di una maggiore flessibilità in uscita del sistema previdenziale.

=> Pensioni 2022: Quota 102, Opzione Donna e nuova APE Social

Sì all’APE Sociale

L’APE Sociale è invece considerato positivamente, in quanto «strumento mirato a platee particolarmente fragili sul piano delle condizioni lavorative e dunque in linea di principio meritevoli di deroghe ai requisiti generali posti dalla legge 214/2011». In questo senso vanno anche le innovazioni previste dalla Manovra, che non solo prevede la proroga ma amplia la platea in particolare con riferimento a disoccupati di lunga durata e addetti a mansioni gravose. Si tratta di misure che vanno incontro all’esigenza «di aiutare l’accesso al pensionamento di categorie oltre che strutturalmente fragili particolarmente colpiti dalla crisi pandemica». Sull’APE Sociale c’è una considerazione interessante relativa a una sempre maggior selettività delle domande nel corso del tempo. L’analisi di quelle presentate dal 2017, anno di istituzione della misura, evidenziano «un rilevante scarto tra domande accolte e presentate, con un tasso di rigetto complessivo intorno al 50%». Si osserva però «che tale tasso di rigetto è andato comunque sensibilmente calando nel tempo (dal 59% nel 2017 al 37% nel 2020), il che segnala anche l’esigenza che gli istituti giuridici presentino una loro stabilità nel tempo per essere adeguatamente “appresi” dai soggetti destinatari».

Opzione Donna a un bivio

Le critiche della Corte dei Conti si concentrano invece sull’Opzione Donna, che viene prorogata di un anno (accesso alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2021 hanno maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e a 59 anni per le autonome). Su questa misura, la magistratura contabile «è solo in parte positiva». Si tratta di un istituto che «offrendo una prestazione strettamente commisurata ai contributi versati e alla speranza di vita presenta un suo intrinseco equilibrio». Ma il «sistema pensionistico generale ha optato per un modello che non discrimina in base al genere dell’assicurato, dall’altro la possibilità di uscire a 58 o 59 anni viene accordata solo alle donne, «ma non agli altri assicurati nel regime pienamente contributivo i quali, come è noto, possono oggi lasciare il lavoro solo a 64 anni compiuti». Conclusione: «si tratta di valutare se su tale fronte non sia più opportuno garantire un’uniformità di trattamento ed eventualmente dare maggiore spazio alle considerazioni di genere degli assicurati (uomini o donne) nell’ambito degli altri istituti di deroga esistenti».

Scivolo pensione promosso

Infine, promosso lo scivolo pensionistico limitato alle PMI in crisi, per lavoratori con almeno 62 anni, che «si ricollega, concettualmente, alle misure varate in materia di contratti di espansione potrà contribuire ad alleviare i diffusi effetti della recessione del 2020 sul tessuto delle piccole e medie imprese italiane». In ogni caso, resta da affrontare «su base strutturale il tema di come garantire una maggiore flessibilità in uscita preservando le caratteristiche proprie del sistema contributivo, il quale allinea le prestazioni ai contributi e determina quindi l’importo in funzione della speranza di vita». Si tratta, lo ricordiamo, di un punto all’ordine del giorno, nel senso che il Governo sta lavorando a una riforma pensioni per il 2022, sulla quale è aperto un tavolo di confronto con i sindacati. La strada da percorrere, secondo la Corte dei conti, è quella di «convergere gradualmente, ma in tempi rapidi, verso una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro».

Riforma Pensioni 2022

La Banca d’Italia si concentra invece sulla riforma previdenziale ancora da fare. Il punto è il seguente: le diverse riforme che si sono succedute negli ultimi anni hanno reso più stringente il legame tra montante contributivo, vita residua attesa al pensionamento e ammontare dell’assegno». Proseguendo su questa strada, è possibile introdurre nel sistema pensionistico italiano elementi di flessibilità in uscita senza mettere a repentaglio la sua sostenibilità finanziaria di lungo periodo».

Il problema è che «la necessità di contenere il disavanzo pubblico limita attualmente la possibilità di stanziare risorse ingenti per questo capitolo di spesa, «anche in considerazione del suo peso sui conti pubblici, già elevato e in aumento nei prossimi venti anni». I contenuti margini disponibili nell’immediato vengono utilizzati dalla manovra per un serie di priorità specifiche, (in questo senso va ad esempio la proroga e l’ampliamento dell’APE sociale). Più nel lungo periodo, invece, «quando le pressioni sui conti pubblici si saranno ridotte, si potranno estendere i margini di flessibilità in uscita. Ogni modifica dovrà comunque tenere conto delle prospettive demografiche e di crescita economica».

Il sistema previdenziale, conclude Bankitalia, «è già oggi capace di assicurare la sostenibilità finanziaria e l’equità tra generazioni meglio di altri. La sua sostenibilità sociale potrà essere accresciuta se saranno attuate politiche che facilitino l’occupazione sia delle persone più mature (promuovendo la formazione lungo tutto l’arco della carriera) sia dei gruppi che incontrano maggiori difficoltà nel mercato del lavoro, in particolare i giovani e le donne. In ultima analisi è da un aumento dell’occupazione e della produttività (oltre che dagli andamenti demografici) che dipende l’ammontare di risorse che possono essere destinate al sostentamento degli anziani senza imporre un peso eccessivo su chi lavora».

L’Upb offre infine ulteriori stime sulla platea di riferimento delle diverse misure pensionistiche inserite in Manovra, auspicando che nel 2022 ci siano effettivamente «condizioni più favorevoli per interventi di natura strutturale».