Fare impresa in Europa, il piano di Bruxelles

di Barbara Weisz

Pubblicato 23 Gennaio 2013
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:39

La crisi scoraggia l’imprenditorialità  e quindi la nascita di nuove imprese: per invertire questa tendenza, l’Europa ha messo a punto un “Piano d’azione imprenditorialità  2020” così presentato dal Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Europea e Commissario per l’Industria: «Diventare imprenditore comporta rischi e sforzi a livello personale»: l’obiettivo è «far sì che diventare imprenditore sia una prospettiva attraente e accessibile per i cittadini europei».

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Sei gli ambiti di intervento del piano per favorire l’attività  d’impresa:

  1. accesso ai finanziamenti: creando un mercato europeo della micro-finanza, semplificando la fiscalità  per le PMI, facilitando finanziamenti mediante investimenti diretti privati (ad esempio mini obbligazioni, crowd funding, business angels);
  2. ciclo vitale dell’impresa: il 50% delle imprese fallisce nel corso dei primi cinque anni, tendenza che si può contrastare con la formazione degli amministratori, il tutoraggio in tema di R&S, la costituzione di reti con altre PMI, fornitori e clienti potenziali;
  3. opportunità  imprenditoriali digitali: maggior sostegno tecnologico (es.: presenza sul Web) a start-up e imprese, visto che le PMI crescono a un ritmo due o tre volte superiore quando adottano le nuove tecnologie;
  4. trasferimento di imprese: agevolarlo espandendo i mercati ed eliminando ostacoli;
  5. opportunità  per imprenditori onesti dopo un fallimento: il 96% delle bancarotte è dovuta a pagamenti tardivi o problemi pratici, che possono essere superabili. Il “secondo tentativo” imprenditoriale, in genere, ha più successo. La Commissione propone di spostare l’attenzione dalla liquidazione verso una nuova impostazione che aiuti le imprese a superare le difficoltà  finanziarie;
  6. Semplificazione amministrativa.

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Il piano europeo si propone di favorire l’imprenditoria fra alcune categorie:

  • giovani, prevedendo formazione nelle scuole visto che il 15-20% degli studenti che partecipano a un programma di mini-impresa nella scuola secondaria avvierà  poi una propria attività  (percentuale di 3-5 volte in questa fascia di età );
  • donne: rappresentano solo il 34,4% dei lavoratori autonomi in Europa, dato che indica necessità  di maggiori misure di sostegno.
  • migranti: un’attività  autonoma rappresenta occasione di crescita e inclusione sociale.
  • disoccupati: con programmi di sostegno alla creazione di imprese completi di formazione, servizi di consulenza e tutoraggio.

Un ruolo importante viene pensato anche per gli imprenditori in pensione, che possono mettere a disposizione delle nuove generazioni la propria professionalità .

La voglia di fare impresa in Europa è in calo, secondo gli ultimi dati dell’Eurobarometro imprenditorialità  2012: pari al 37% il numero degli europei che vorrebbero mettersi in proprio, contro il 58% di persone che invece preferisce lavorare come dipendente. Tre anni prima, ovvero nel 2009, coloro che aspiravano ad aprire una propria attività  erano invece il 45% degli europei.

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Anche negli Stati Uniti si registra la stessa tendenza: gli ultimi anni di crisi hanno visto un calo della propensione imprenditoriale. Interessante notare come invece la tendenza a mettersi in proprio sia più alta nelle economie emergenti: in Cina al 56%, in Brasile al 63%.