Permessi 104 per unioni civili e convivenze

di Barbara Weisz

Pubblicato 28 Febbraio 2017
Aggiornato 1 Marzo 2017 12:00

Permessi per assistere parenti disabili e familiari con handicap grave: le regole per unioni civili e convivenze dopo la Cirinnà e la sentenza della Consulta recepite dall'INPS.

I permessi della legge 104 (tre giorni al mese) per assistenza di parenti disabili sono utilizzabili dai partner di unioni civiliconvivenze di fatto, così come le persone unite da unione civile possono usufruire del congedo straordinario (fino a due anni) per assistere familiari con handicap grave: l’INPS recepisce con apposita circolare (38/2017), le novità introdotte dalla Legge Cirinnà (76/2016) e dalla sentenza della Corte Costituzionale 5 luglio 2016.

In pratica, la legge ha esteso alle unioni di fatto tutti i diritti previsti per le coppie sposate, mentre la sentenza della magistratura ha stabilito l’incostituzionalità dell’articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con disabilità grave, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado.

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Per quanto riguarda la Cirinnà, viene applicato il principio contenuto nell’articolo 1, comma 20, in base al quale per:

“assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso».

Quindi, spiega l’INPS, i permessi ex lege 104/92 e il congedo straordinario ex articolo 42, comma 5, Dlgs 151/2001, possono essere concessi anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un unione civile.

Quanto alla sentenza della Consulta, prosegue l’istituto, ritiene irragionevole non includere il convivente della persona disabile in situazione di gravità nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire dei benefici in questione perché il diritto del disabile, costituzionalmente garantito, a ricevere assistenza nell’ambito della propria comunità di vita, sarebbe limitato, «non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato “normativo” rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio».

Permessi 104

Il permesso prevede tre giorni mensili di lavoro retribuiti in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado – con possibilità di estensione fino al terzo grado – riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della legge 104 stessa. Può essere concesso, in alternativa, al coniuge, alla parte dell’unione civile, al convivente di fatto, al parente o all’affine entro il secondo grado. Inoltre, è possibile concedere il beneficio a parenti o affini di terzo grado qualora i genitori o il coniuge/la parte dell’unione civile/il convivente di fatto della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Attenzione: tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità (che riguarda i parenti del coniuge, è regolamentato dall’articolo 78 del codice civile, non espressamente richiamato dalla legge 76/2016). Quindi, la parte di un unione civile può usufruire del permesso unicamente per l’assistenza al partner dell’unione, mentre non ne ha diritto se l’assistenza è rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.

Congedo straordinario

Per quanto riguarda il congedo straordinario per assistere il coniuge o parenti affetti da disabilità grave (fino a due anni, non retribuiti, con diritto a conservare il posto di lavoro) può essere utilizzato dal partner dell’unione civile ma non dai suoi parenti, con il quale non si instaura rapporto di affinità. Nel dettaglio, ecco come funziona il permesso in caso di unioni civili e convivenze di fatto. Ordine di priorità nell’utilizzo del congedo:

  • coniuge convivente o parte dell’unione civile convivente della persona disabile in situazione di gravità.
  • il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell’unione civile convivente”;
  • figli conviventi , nel caso in cui il coniuge o partner ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • fratelli o sorelle conviventi nel caso in cui tutti gli altri parenti sopra elencati siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità, sempre in caso di impossibilità sopra elencati degli altri parenti più stretti.

La domanda, sia per i tre giorni di congedo mensili sia per i permessi, si presenta all’INPS in modalità cartacea (allo sportello, oppure via raccomandata), oppure via PEC (posta elettronica certificata) utilizzando i seguenti modelli (presenti nella sezione modulistica del sito): SR08 (Domanda di permessi per l’assistenza ai familiari disabili in situazione di gravità), SR64 (Domanda di congedo straordinario per assistere il coniuge/ la parte dell’unione civile disabile in situazione di gravità). 

INPS