Il Governo sta valutando le misure da inserire in Legge di Bilancio 2023 al capitolo pensioni, tra cui ci sarebbe anche l’ipotesi di un nuovo di incentivo per chi decide di ritirarsi più tardi pur avendo raggiunto il requisito per lasciare il lavoro.
L’idea sarebbe quella di tagliare il cuneo fiscale del dipendente aumentando il suo netto in busta paga, dando al contempo uno sconto contributivo all’impresa, ma su questo punto non ci sono conferme ufficiali: secondo le dichiarazioni rilasciate a Repubblica dal Sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon, il bonus potrebbe saltare.
Intanto, e questo è invece certo, si preserverà in Manovra la flessibilità in uscita, almeno fino a quando non ci sarà un’organica riforma pensioni, per evitare il cosiddetto scalone di inizio 2023.
Vediamo tutte le proposte allo studio.
Pensioni 2023: come funzionerebbe l’incentivo al lavoro
L’ipotesi allo studio dei tecnici del ministero dell’Economia avrebbe l’obiettivo di favorire la permanenza nel mondo del lavoro, necessaria per la sostenibilità del sistema previdenziale e per non appesantire i conti pubblici.
Secondo Il Corriere della Sera, il meccanismo potrebbe essere il seguente: il lavoratore che matura un requisito per la pensione ma sceglie di restare al lavoro, può continuare a prendere lo stipendio senza versare i contributi. Quindi aumenta lo stipendio netto (di circa il 10%) perchè non paga contribuzione INPS e il datore di lavoro fruisce a sua volta di uno sconto sui versamenti obbligatori.
In questo arco di tempo, si percepirebbe una busta paga più pesante ma non si andrebbe ad incrementare il montante contributivo ai fini dell’importo futuro della pensione. Alla fine, il lavoratore si ritirerebbe con la prima pensione utile già maturata pur restando al lavoro, calcolata in base al montante individuale alla data della maturazione originaria invece che dell’uscita dal mondo del lavoro.
Non è tuttavia chiaro se il riferimento sarebbe ai soli requisiti Fornero (pensione anticipata o di vecchiaia) oppure anche ad altre formule di flessibilità in uscita. Ad ogni modo la misura è per il momento solo una ipotesi allo studio. Maggiori certezze si concentrano invece su versante proroghe di flessibilità in uscita.
Pensioni in Manovra: le diverse ipotesi
Il Governo non ha ancora anticipato le proprie scelte politiche sul capitolo pensioni, pur lasciando trapelare indiscrezioni su alcune ipotesi allo studio. Oltre all’incentivo fiscale per ritirarsi dopo (per chi si pensiona oltre la maturazione del diritto), si sta studiando una nuova possibilità di uscita anticipata per ritirarsi prima, con 41 anni di contributi ma con un requisito minimo di età, che potrebbe essere 61 anni ma anche fino a 63 anni. Sullo sfondo, infine, ci sono le proroghe di misure temporanee ma ormai semi-consolidate di flessibilità in uscita: Opzione Donna e APE Sociale.
Riassumiamo quindi le misure sulle pensioni che in base alle anticipazioni del Governo rientreranno in Manovra, e quelle che invece sono ancora nel campo delle ipotesi.
Opzione Donna
Attualmente servono 58 o 59 anni di età, rispettivamente per lavoratrici dipendenti o autonome, e 35 anni di contributi, entrambi requisiti da maturare entro il 31 dicembre 2021. In Manovra 2023 si prevede una proroga di un anno, quindi lo stesso requisito andrebbe maturato entro il 31 dicembre 2022. L’Opzione Donna prevede il ricalcolo interamente contributivo della pensione. Questa proroga è data per certa.
APE Sociale
Consente di ritirarsi a 63 anni di età a quattro tipologie di lavoratori: disoccupati di lunga durata, caregiver, disabilità pari almeno al 74 per cento, addetti a mansioni usuranti. In quest’ultimo caso ci vogliono 36 anni di contributi, negli altri tre casi bastano 30 anni di versamenti contributivi. Per ognuna delle categorie sopra esposte, sono previsti ulteriori paletti. Anche questa forma di pensione agevolata sarà quasi certamente prorogata.
Nuova Quota 41 (ex Quota 102)
In base alle ipotesi, la rivisitazione della Quota 102 prevede che vadano in pensione lavoratori con almeno 64 anni di età e 38 anni di contributi, entrambi requisiti da maturare entro il 31 dicembre 2022. Si tratterebbe di una nuova forma di flessibilità in uscita, al posto della vecchia Quota 100/102, con la previsione di alzarne il requisito contributivo a 41 anni e di ridurre quello anagrafico a 61/63 anni (ancora non sarebbe stato deciso).
Nuovo incentivo permanenza al lavoro
Si tratta dell’ipotesi sopra descritta, che consentirebbe di far restare nel mondo del lavoro persone che hanno maturato il diritto a pensione, con uno sconto contributivo per il datore di lavoro che in parte confluirebbe in busta paga, ma senza senza più valorizzare gli ultimi anni di lavoro per il diritto a pensione.