Obbligatorio versare le ritenute, dovute alle gestioni previdenziali e assistenziali, per i propri dipendenti anche se l’azienda è in in crisi. Una mancanza del datore di lavoro in tal senso comporta la reclusione fino a tre anni e una multa che può arrivare a due milioni di euro.
È quanto prevede l’articolo 2, comma 1-bis, del Dl 463/1983, convertito nella legge 638/1983, ribadito dalla sentenza n. 20845 della Suprema Corte.
L’eventuale stato di difficoltà economica dell’impresa, che comunque prosegue nella sua attività, non giustifica il mancato adempimento dell’obbligo previdenziale e retributivo, che mantiene carattere di illiceità penale.
Nel caso in cui si provveda al pagamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione, la pena è annullata.
«I contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque e in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell’azienda. Ciò trova la sua «ratio» nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori».
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L’obbligo del versamento deve essere adempiuto comunque perché finalizzato ad assicurare i mezzi economici necessari per provvedere ai benefici assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori; a realizzare l’autonomia fra rapporto di lavoro e quello previdenziale; alla utilizzazione della retribuzione quale criterio di calcolo al fine di determinare la commisurazione del contributo avente natura di tributo.