Al raggiungimento del limite di età di 67 anni, un dipendente pubblico che non avrà maturato il numero di contributi richiesti per la pensione (alla fine saranno 35 anni) , avrà una penalizzazione? E dopo quanto tempo potrà percepire la pensione, dal momento del raggiungimento del limite di età?
Se un dipendente pubblico nel momento in cui raggiunge l’età pensionabile (che, contrariamente a quanto succede nel privato, può comportare il pensionamento d’ufficio), non ha ancora maturato un pieno requisito per il diritto a pensione, può restare al lavoro fino a quando non avrà raggiunto questo requisito.
Detto uesto, temo che lei abbia fatto confusione fra diversi tipologie di pensionamento. Il requisito per la pensione di vecchiaia dei dipendenti pubblici è pari a 67 anni con 20 anni di contributi. In altri termini, per l’accesso alla pensione di vecchiaia, nel caso in cui sia stata raggiunta l’età prevista, che attualmente è pari a 67 anni, bastano 20 anni di contributi, non ce ne vogliono 35.
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In realtà, l’età per il pensionamento d’ufficio nel pubblico impiego è più bassa, 65 anni (dipende in ogni caso anche dalla categorie professionale di appartenenza), ma la condizione è sempre che sia stato pienamente maturato un diritto a pensione. In caso contrario, si può continuare a lavorare fino al raggiungimento dei 20 anni di contributi, con un limite anagrafico pari a 70 anni, a cui vanno aggiunti gli scatti delle aspettative di vita.
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Quindi, se per esempio un dipendente pubblico ha 67 anni ma non 20 anni di contributi, può restare al lavoro fino a quando non li ha maturati. Poi, la pensione non è comunque automatica ma si presenta richiesta. Nei casi di pensionamento d’ufficio si può fare richiesta di prosecuzione in alcune circostanze. Dipende anche dalla propria amministrazione di apaprtenenza.