La valutazione del pubblico dipendente nella Riforma Brunetta

Il decreto attuativo della legge n. 15/2009, il n. 150 del 27 ottobre 2009, è un provvedimento di grande rilevanza, destinato a segnare, perlomeno nella speranza degli autori, un punto di svolta nella storia della Pubblica Amministrazione. I suoi contenuti possono essere oggetto di vari giudizi, così come il taglio che si è voluto dare ad esso e le modalità con le quali è stato presentato; il provvedimento, infatti, è stato varato in tempi brevi: il disegno di legge originario è stato approvato dal Consiglio dei ministri poche settimane dopo l’insediamento dell’attuale Governo e si caratterizza per una complessa ed articolata riforma che interviene su diversi nodi nevralgici della Pubblica Amministrazione.

Uno dei temi di maggior rilievo è la valutazione del dipendente pubblico. La disciplina introdotta dalla riforma in oggetto riguarda tutti i dipendenti pubblici, con esclusione dei cosidetti non contrattualizzati, ovvero del personale a cui non si applica il d. lgs. n. 165/2001: ad esempio, le forze di polizia, i dipendenti della categoria prefettizia, i magistrati, i docenti universitari, ect. La valutazione deve essere effettuta attraverso il concetto di performance. Con questa espressione si vuole indicare la programmazione di specifici obiettivi dei singoli uffici, dei dirigenti e del personale.

La fase di programmazione parte con un primo momento nel quale vengono predisposti ed assegnati gli obiettivi, i quali vengono collegati alle risorse economiche a disposizione. Successivamente si avrà una valutazione intermendia della performance, dove verranno adottatti gli eventuali correttivi necessari. La valutazione deve ovviamente basarsi sugli obiettivi e indicatori contenuti nella programmazione triennale (nell’esperienza odierna la programmazione ha generalmente una cadenza annuale). La scelta di ampliare ad un triennio l’arco temporale di realizzazione degli obiettivi risponde alla logica di rafforzare il ruolo della programmazione.

Essa vuole anche dare una maggiore stabilità alle scelte politico-amministrative compiute dalle singole amministrazioni, in coerenza con il grado di stabilità dei loro organismi direttivi. Le caratteristiche che devono avere gli obiettivi posti al centro della valutazione e della programmazione sono così indicati dal decreto legislativo:

  1. rilevanti e pertinenti: il rapporto deve essere stabilito rispetto ai bisogni della collettività, le priorità politiche e le strategie dell’amministrazione;
  2. specifici e misurabili: gli obiettivi devono essere riferiti elementi concreti e non ad una caratteristica generale e generica, cioè non devono avere un carattere indefinito;
  3. determinare un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati e degli interventi: altre parole, gli obiettivi devono produrre effetti positivi sulle attività svolte. Per la fissazione degli obiettivi occorre avere ben chiaro il risultato tangibile che si vuole ottenere;
  4. avere un arco temporale determinato: l’obiettivo deve avere un periodo (congruo) per la sua realizzazione ovvero un termine per il suo raggiungimento;
  5. commisurati a standard definiti a livello nazionale ed internazionale, nonché a comparazioni con altre amministrazioni omologhe: siamo in presenza di un elemento di novità in quanto si vuole superare l’autoreferenzialità della Pubblica Amministrazione, in favore di una esterna che potrà essere effettuata con standard definiti a livello nazionale o internazionale;
  6. confrontabili con le tendenze almeno del triennio precedente: nella definizione degli obiettivi deve tener conto delle performance che l’ente ha conosciuto negli ultimi anni, in modo che gli obiettivi siano connessi ad esse ed intervengano a migliorare le tendenze che si sono effettivamente manifestate;
  7. essere correlati alla qualità e alla quantità delle risorse disponibili: la correlazione non è effettuata esclusivamente con le risorse finanziarie, ma con tutte le varie tipologie, quindi anche con il personale, la dotazione strumentale, ect.

Ogni amministrazione deve realizzare un sistema di misurazione e valutazione della performance e tutte devono svolgere questa attività, la quale deve necessariamente essere riferita sia alle performance delle strutture sia a quelle individuali (personale dipendente). Il decreto legislativo prevede l’intervento dell’organismo preposto al controllo di gestione, intervento che si realizza nella forma dell’utilizzazione delle sue risultanze come base su cui effettuare le verifiche necessarie. Occorre individuare coloro i quali debbano svolgere la funzione di misurazione e valutazione delle performance.

Si deve ritenere, anche se il dettato normativo non dispone nulla, che il decreto di attuazione della legge 15/2009, il n. 150 del 27 ottobre u.s., individui perlomeno quattro soggetti a svolgere un ruolo in tale processo:

  1. gli organismi indipendenti di valutazione;
  2. la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle Amministrazioni Pubbliche;
  3. i dirigenti che valutano i dipendenti delle singole strutture;
  4. l’organo di indirizzo politico-amministrativo per ciascuna amministrazione.

Il contenuto minimo del sistema di valutazione può essere riassunto sinteticamente in questi termini:

  1. fasi, tempi, modalità, soggetti e responsabilità;
  2. procedure di conciliazione da utilizzare;
  3. le forme di raccordo e di integrazione con i sistemi di controllo;
  4. le forme di raccordo e di integrazione con la programmazione ed il bilancio.

Il provvedimento prescrive, come già anticipato, che le Amministrazioni Pubbliche debbano redigere annualmente il Piano della performance e la Relazione sulla performance. Il Piano della performance deve essere presentato, con cadenza triennale, entro il 31 gennaio; ogni anno il suo contenuto deve essere adattato e precisato, anche se il documento copre un arco temporale più lungo. Siamo in presenza di un documento programmatico che vuole costituire un riferimento per l’attività complessiva dell’ente, poichè il legislatore richiede che questo documento sia al contempo di programmazione strategica ed operativa, ma non di programmazione minuta, visto che non contiene gli obiettivi da assegnare al personale. Scelta quest’ultima motivata (correttamente) dalla necessità di non usurpare il ruolo dei singoli dirigenti, a cui ? quali soggetti dotati dei poteri e delle competenze dei privati datori di lavoro ? spetta il potere di assegnare gli obiettivi ai collaboratori. È molto importante un ulteriore vincolo che viene introdotto da parte del legislatore: il divieto di erogare l’indennità di risultato ai dirigenti nel caso di mancata adozione del Piano della performance.

Il secondo documento che le Amministrazioni Pubbliche devono approvare è la Relazione sulla performance. Essa deve essere adottata entro il 30 giugno; ovviamente tale documento si riferisce all’attività svolta nell’anno precedente, quindi ha la natura di un documento di consuntivo. Il suo contenuto minimo è fissato dallo stesso decreto legislativo:

  1. risultati organizzativi conseguiti;
  2. risultati individuali conseguiti;
  3. verifica del grado di realizzazione;
  4. rilevazione degli scostamenti;
  5. bilancio di genere realizzato.

Concludendo questa rapida disamina, occorre rilevare che il sistema di valutazione della Pubblica Amministrazione (e dei suoi dipendenti) si struttura in un complesso sistema di contrappesi teso, almeno secondo le finalità enunciate, a rendere efficienti gli uffici pubblici, attraverso una stretta attività di programmazione e di realizzazione degli obiettivi. Sarà solo il tempo a dichiarare l’efficacia o meno di tale sistema.