L’ICT Sourcing nella Pubblica Amministrazione

Le scelte strategiche in merito all’approvviggionamento delle risorse IT rivestono un aspetto cruciale di tutte le organizzazioni. A differenza di quelle private, le organizzazioni pubbliche si trovano dinanzi un numero maggiore di parametri da valutare e vincoli da considerare per operare la scelta migliore. Oltre a motivazioni puramente legate all’efficienza e all’efficacia, l’IT Sourcing è, infatti, soggetto anche ad influenze di tipo politico e di un management ancora indeciso sul modello da adottare. Make or buy? Soluzioni “in-house” oppure outsourcing? Cerchiamo di fare maggiore chiarezza con Mariano Corso, Responsabile Scientifico Osservatorio ICT Strategic Sourcing della School of Management del Politecnico di Milano, che recentemente ha condotto uno studio approfondito sull’argomento analizzando imprese pubbliche e private.

Quali sono le dinamiche attraverso cui l’IT sourcing incide sulla struttura di un Ente Pubblico? In che modo, secondo lei, l’outsourcing delle risorse IT potrebbe rivitalizzare la Pubblica Amministrazione italiana?

«Le tecnologie dell’Informazione sono sempre più importanti e pervasive anche negli Enti Pubblici: oggi è difficile pensare ad un’innovazione o anche ad un miglioramento del servizio verso il cittadino che non faccia leva sulle Tecnologie dell’Informazione. La dinamica di queste tecnologie è tale che risulta difficile per qualsiasi organizzazione gestirle completamente all’interno. Di qui il ricorso sempre più intenso e “strategico” all’Outsourcing, non più visto come un semplice strumento di riduzione dei costi, ma innanzitutto come una leva per accedere a capacità di miglioramento e innovazione. Nel settore pubblico, in particolare, l’utilizzo di Outsourcing rende possibile l’accesso a competenze che, data la difficoltà di attrarre e mantenere all’interno profili specializzati, sarebbero altrimenti difficilmente disponibili. L’Outsourcing verso terze parti specializzate può consentire di disporre velocemente di capacità per generare e realizzare innovazione nel settore pubblico, priorità oggi fondamentale per il nostro Paese.
Se in passato il ricorso all’outsourcing era principalmente volto a consentire un migliore controllo dei costi ed un loro mantenimento a livello di mercato, oggi è ancora più importante il suo ruolo a supporto dell’innovazione e del cambiamento».

Quali sono i nodi fondamentali che il CIO si trova a dover sciogliere nella scelta dei diversi modelli di sourcing?

«Il profilo di sourcing ICT può variare da un estremo di completa esternalizzazione, in cui vengono affidate all’esterno le attività di esercizio e sviluppo, ad un estremo di totale internalizzazione, in cui tutte le attività ed i processi sono gestiti all’interno, con un ricorso solo marginale a terze parti. Nel caso di internalizzazione, i punti di attenzione risiedono innanzitutto nel mantenimento di competenze gestionali e tecnologiche in grado di gestire l’evoluzione dei Sistemi Informativi, anche a fronte dei continui cambiamenti nelle tecnologie. Nel caso di completa esternalizzazione tra i punti di maggior attenzione troviamo la difficoltà nel presidiare efficacemente le specifiche del servizio senza perdere il controllo nei confronti del fornitore. Nella realtà vengono sempre più spesso adottati dei profili intermedi con il mantenimento di un nucleo di risorse interne per il governo dei progetti e delle architetture, ed il ricorso selettivo a più fornitori diversamente specializzati. In questo caso tuttavia la complessità di governo resta molto elevata».

Nella Pubblica Amministrazione, oltre ai fattori caratteristici delle imprese, incidono anche elementi di natura politica. In che modo questi fattori influenzano le scelte dei CIO e cosa si può fare per limitare eventuali danni di una simile “intrusione”?

«Certamente nel caso delle Pubbliche Amministrazioni obiettivi e vincoli politici condizionano le scelte di “make-or-buy” portando spesso a soluzioni sub ottimali dal punto di vista tecnico. In realtà, però, ancora più problematici sono spesso i vincoli burocratici e normativi che costringono a rallentare e rendere più lento e farraginoso il processo di Outsourcing. Anche il meccanismo delle gare pubbliche e i vincoli nella gestione dei contratti creano spesso un’incoerenza tra gli obiettivi della relazione ed il sistema di governo della stessa».

Quale modello di sourcing è più diffuso negli Enti Pubblici italiani e quali sono le motivazioni di una simile scelta?

«Non ci sono modelli unici. Tuttavia l’esistenza di oneri e vincoli normativi nei meccanismi di affidamento dei contratti e la difficoltà a formare all’interno risorse per la governance dei fornitori spinge verso modelli di full outsourcing verso fornitori unici o pool di fornitori in raggruppamento temporaneo d’impresa. Per le stesse ragioni, inoltre, il mercato tende a concentrarsi su fornitori specializzati per il mercato delle Pubbliche Amministrazioni che conoscono le normative e i processi del settore pubblico e sono attrezzati per rispondere ai meccanismi di gara e gestione contrattuale tipici del settore.
Da rilevare inoltre la presenza e il ruolo delle società di servizi possedute dalle Pubbliche Amministrazioni che gestiscono direttamente alcuni servizi e intermediano la fornitura di altri servizi con meccanismi e competenze che cercano di avvicinarsi maggiormente a logiche di mercato».

Oltre al CIO, quali altre figure degli enti pubblici è necessario sensibilizzare riguardo a questo tema?

«Le iniziative di acquisto di servizi sono influenzate dalla normativa sugli appalti che impone regole precise alle quali l’ente pubblico deve sottostare nell’affidamento di lavori, di personale di servizio o acquisto di forniture. Per quanto riguarda gli acquisti informatici vi è il supporto dell’Ufficio Contratti, e l’ente si avvale spesso delle “centrali di acquisto” della Pubblica Amministrazione che si occupano di condurre gare per conto delle Amministrazioni Locali, le quali poi possono accedere all’acquisto dei prodotti scegliendoli da un listino».