Livelli Minimi di e-Gov: primi risultati

Nel corso del mese di maggio di quest’anno è stato avviato a cura della SSPAL, Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale, il progetto di Ricerca LEM ? Livelli Minimi di e-Government negli Enti Locali, finalizzato alla realizzazione di Linee Guida per l’implementazione di politiche (policies) locali di innovazione, per condividere la conoscenza tacita sulla realtà dell’e-Government nella PA locale, illustrare la consistenza degli elementi che compongono le attuali politiche per l’innovazione, evidenziarne le relazioni tra i portatori di interesse e tracciarne, da un punto di vista operativo, le risposte.

Il progetto di Ricerca è stato ripartito in due fasi: una prima, avviata appunto nel mese maggio e che si è conclusa lo scorso luglio, articolata in forma di “Osservatorio”, che ha avuto come destinatari i partecipanti ai corsi istituzionali di specializzazione SSPAL per i Segretari Comunali e Provinciali e come strumento essenziale di lavoro un Questionario; ed una seconda fase, ai blocchi di partenza, che prevede una intensa attività di comunicazione per una discussione analitica dei risultati dell’Osservatorio.

Il Questionario LEM 2008 è articolato in cinque sezioni, dalla definizione delle skills ICT del Segretario presso l’Ente, alla verifica sulla conoscenza di termini e processi delle ICT, alla descrizione delle ICT nel Comune e nel rapporto con il Territorio (anche attraverso un focus sulla gestione di servizi in forma associata). Ed ecco la prima sintesi delle rilevazioni, svolte su di un campione di 172 Segretari, per il 63% attivi in Comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 15.000 abitanti (un segmento che per dimensionamento anagrafico rappresenta circa i tre quarti dei Comuni italiani).

La consapevolezza tecnica e culturale sui contenuti di e-Government, e-Democracy e Società dell’Informazione appare acquisita: sulle rispettive definizioni risponde correttamente l’89%, l’84% ed il 77% del campione intervistato. Un dato altrettanto significativo è l’indice sulle modalità di acquisizione di queste competenze: il 96% degli intervistati ha sviluppato competenze in ICT in autoformazione; la partecipazione ad iniziative o corsi di formazione specifici sull’innovazione tecnologica nella PA è stratificata all’interno di questo stesso campione: il 27% ha integrato le proprie competenze presso player della formazione pubblica, il 12% rivolgendosi all’offerta del mercato. Subito un primo spunto di riflessione: come si colloca la formazione rispetto alla definizione di Governance dell’Innovazione? Appare, infatti, evidente quanto la percezione culturale sui temi delle ICT (e delle conseguenze operative sul piano gestionale) sia piuttosto il risultato di una “temperie” generalizzata, che incentiva appunto modalità di autoformazione mentre decisamente bassa sembra essere la capacità dell’offerta formativa.

Il 75% degli intervistati dichiara quindi di aver attivato processi di e-Government, il 66% di aver attivato processi di e-Democracy, il 51% di aver attivato processi relativi alla Società dell’Informazione, presso i Comuni in cui è in servizio (possibili più Comuni per intervistato; nel Questionario, con il termine processo si tracciava la distanza rispetto ad iniziative di progetto, riferendosi piuttosto ad azioni che fossero state attentamente programmate dai decisori locali e che abbiano portato a cambiamenti effettivi della realtà comunale, ad esempio sul piano organizzativo o nel rapporto con altri soggetti del territorio).

Il 68% degli intervistati dichiara poi che l’Innovazione, intesa come insieme di azioni di cambiamento gestionale supportate in particolare dalle opportunità dell’innovazione tecnologica, rappresenta un obiettivo strategico dell’Amministrazione, testimoniando una spesa in ICT che varia tra i 10.000 ed i 100.000 euro per l’anno 2007. Il dato (che propone una forbice di un intero ordine di grandezza) non è strettamente correlato al dimensionamento demografico dell’Amministrazione, ma se consideriamo che nella dichiarazione di spesa strategica rientra sia una soglia inferiore o pari a 3 euro per abitante che una soglia pari a 10 euro per abitante, l’interpretazione deve considerare due condizioni: da un lato l’effettivo peso (anche in termini finanziari) assegnato all’aggettivo strategico con riferimento alle ICT nella percezione e nella valutazione soggettiva degli intervistati; dall’altro, l’elemento oggettivo delle disponibilità di risorse, che varia enormemente in funzione delle scelte complessive della singola Amministrazione, per cui anche una spesa pari o inferiore a 3 euro per abitante può costituire una misura di investimento effettivamente strategica.

E proprio sulla disponibilità delle risorse, il Questionario chiedeva quanto si investa in attività di fund raising: il 13% degli intervistati dichiara di essere sempre attivo alla ricerca di risorse e finanziamenti a sostegno di iniziative di innovazione, il 68% di esserlo occasionalmente, il 19% mai. Questo dato apre un ulteriore spunto di riflessione, e precisamente sul peso degli incentivi istituzionali, siano essi informali (come nel caso delle diverse stagioni premiali nate per valorizzare e diffondere iniziative, esperienze, buone pratiche di innovazione nella PA), o formali (come nel caso dei quadri di sostegno, anche finanziario, all’innovazione): possiamo infatti chiederci quanto arrivi (e quanto effettivamente giri) la comunicazione in tema di innovazione tecnologica e gestionale presso i suoi naturali destinatari.

Provando ad interpretare questo dato, le stagioni premiali che sono soprattutto occasione di relazione con l’intera filiera dello sviluppo locale (rapporti con il territorio, con gli stakeholders e con gli stessi operatori di mercato) rischiano di essere confinate in una dimensione autoreferenziale; mentre la comunicazione istituzionale sul quadro normativo che regolamenta scenari attuativi di innovazione rischia di non trovare riscontro, in termini di opportunità per i destinatari, sull’effettivo impegno e disponibilità di risorse, anche ad esempio sugli strumenti della programmazione operativa nazionale e regionale a valere sui fondi comunitari nonché sulle risorse ad accesso diretto (su base nazionale e comunitaria).

A riscontro delle esigenze di comunicazione dell’innovazione, il 65% degli intervistati dichiara che la scelta più diffusa per la circolazione delle informazioni ed all’aggiornamento in tema di innovazione nella PA è l’incentivazione alla partecipazione del personale a corsi di formazione qualificati, convegni e seminari. Questo dato, importante in termini percentuali, sembra contrastare con lo scenario sin qui tratteggiato, ma a ben guardare ne conferma tutte le premesse: da una parte mette in rilievo il fabbisogno di conoscenze e di competenze, dall’altra sottolinea il gap nella capacità di tradurre la soddisfazione di questi fabbisogni in azioni strutturali e continuative.

Il 41% degli intervistati dichiara, inoltre, che le tematiche relative alle ICT nel Comune, per gli aspetti legati all’organizzazione delle risorse, alla programmazione delle attività, all’individuazione di soluzioni gestionali, alle decisioni operative, sono affrontate in collaborazione tra il Segretario e i Dirigenti, solo per l’11% dal Segretario con il Sindaco; più in generale, a conclusione dell’intervista, il Segretario dichiara di percepire il proprio ruolo sulla filiera istituzionale dell’innovazione perché migliora la qualità dei servizi comunali (78%). Una conferma del potenziale di interfaccia, svolto dalla figura professionale del Segretario, tra il livello di indirizzo e quello esecutivo non completamente compiuto o comunque ancora mal distribuito e poco definito.

Nel rapporto con il territorio i dati più significativi fanno riferimento alle Unioni di Comuni e più in generale alla gestione in forma associata dei servizi territoriali. Lo strumento della teleconferenza, ad esempio, citato attraverso il Questionario anche con riferimento alle istanze del Codice della PA digitale, è ignorato nella sua applicazione dal 93% degli intervistati; ed il 53% non ritiene che la teleconferenza possa rappresentare uno strumento utile e comunemente accettato per facilitare la comunicazione tra gli organi istituzionali delle Amministrazioni (e per abbattere i costi di gestione legati alla organizzazione dei servizi).

Per la definizione dei “Livelli Minimi di e-Government” si configura un perimetro ben preciso: da un lato la cultura amministrativa, cui corrisponde un impianto sempre più consolidato di strumenti a supporto della attuazione delle riforme nella PA; dall’altro la Società della Conoscenza, che può essere un metro di misura per valutare lo spazio delle possibilità che sono aperte davanti ad un sistema locale. Questo metro deve essere utilizzato anche per la valutazione di tre elementi essenziali a colmare la distanza che corre tra la percezione del fabbisogno di innovazione e la capacità di intersecare l’innovazione con un più profondo, e strutturato, cambiamento gestionale:

  1. il commitment: ogni sistema locale, in ragione delle sue specificità, necessita di indirizzi programmatici certi e misurabili (per obiettivi, programmazione e gestione di risorse, valorizzazione delle risorse umane), indirizzi che assumano i percorsi di innovazione tecnologica come parte dell’azione amministrativa e che siano coerenti con i modelli organizzativi e con il loro potenziale di sviluppo;
  2. la comunicazione, che deve esercitare un ruolo strategico su più livelli: nella logica dei clienti interni, perché l’esecutività di una strategia deve essere negoziata in ragione dei fabbisogni interni all’organizzazione, nella logica relazionale con gli stakeholders della filiera dell’innovazione che va oltre la scala locale, perché si possano conoscere, diffondere e valorizzare gli incentivi istituzionali formali ed informali all’innovazione, e nella logica relazionale con il territorio, perché si possano conoscere gli effettivi fabbisogni del territorio per calibrare strategie prima e interventi poi;
  3. e quasi come un corollario, la formazione: cui restituire il significato di accompagnamento e di costruzione di un modello culturale di innovazione, prioritario rispetto a forme di addestramento a mezzi e strumenti, necessari ma non sufficienti ad incidere sulla portata strategica del cambiamento.