ICT e Pubblica Amministrazione, prospettive e soluzioni

Negli ultimi anni, la spinta alla riorganizzazione e all’informatizzazione dei servizi nella PA ha rafforzato la domanda di formazione continua del personale dipendente, imponendo tempi rapidi di crescita e di sviluppo professionale. Le Amministrazioni locali stanno cambiando. Vero è che l’Italia sconta un ritardo storico, ma sta pian piano recuperando il gap con gli altri Paesi europei. Lo sviluppo delle ICT avvenuto in questi anni presuppone un incremento delle competenze e dell’indipendenza operativa del personale nella PA, permettendo all’amministrazione di poter formare o acquisire personale con competenze tecniche specifiche, in grado di operare modifiche e implementazioni ai relativi software in uso senza il coinvolgimento di fornitori esterni.

Così facendo verrebbero valorizzate le capacità degli addetti interni che potrebbero progredire nell’acquisizione di conoscenza e professionalità. Ma spesso ciò non accade, poiché le amministrazioni, non avendo personale con le necessarie competenze tecniche, sono costrette a rivolgersi ad aziende esterne. Regioni, Province, Comunità montane e Comuni sono impegnati da anni in un ambizioso processo di modernizzazione. Si tratta di usare in modo più razionale le risorse lavorative, migliorare l’efficienza e ridurre i costi di funzionamento. Un processo che rientra in quello più ampio di trasformazione della PA. L’informatizzazione delle Amministrazioni locali rappresenta un punto nevralgico di questo cambiamento.

Un’opportunità unica per molti operatori Ict che intendono accrescere il proprio business. Secondo il Rapporto Netics 2008 su “La spesa ICT nelle Regioni e Province Autonome”, ci sono regioni come la Lombardia e il Veneto dove gli interventi strutturali sono stati in larga misura finanziati da privati e dove ha meno senso un robusto intervento pubblico. Altre, come il Lazio, hanno investito molto per la riduzione del digital divide. Anche in questo caso è il Sud a preoccupare: la Puglia e la Calabria hanno finanziato l’informatizzazione con fondi europei, ma non hanno ancora avviato piani di innovazione. Caso limite, la Basilicata che soffre di un gap oggettivo pur in presenza di forti investimenti pubblici. Nelle Marche e in Umbria l’Ibet è sotto lo zero. Si tratta di zone ad avanzata di industrializzazione, dove le amministrazioni ancora non hanno reperito risorse ad hoc per l’IT.

I macro-indicatori scelti per il calcolo dell’IBeT sono rappresentativi dei principali campi di utilizzo dell’ICT e misurano le abilità informatiche e/o le dotazioni materiali. Essi sono:

  • ICT nelle famiglie e nella società: questa macro area sintetizza la disponibilità di mezzi tecnologici nelle famiglie (PC e Banda larga-Dati Istat) e le abilità informatiche (misurata in funzione della partecipazione a corsi informatici – Dati Istat);
  • ICT nella Pubblica Amministrazione: rappresenta il numero di dipendenti della PA informatizzati (Dati Netics) e le loro abilità (in termini di partecipazione ai corsi di informatica-Dati Istat);
  • Infrastruttura: valuta la copertura ADSL sia nella popolazione ché nei comuni (Dati Between);
  • Industria e servizi: dimensione e numero di imprese che operano nel settore informatico (Dati Istat).

Mentre in Italia si accende il dibattito sui salari dell’ICT, altrove vi sono forze industriali aliene che applicano aumenti anche del 40% ai lavoratori specializzati in questo settore. È quanto accade nella costellazione asiatica composta da Singapore, Malaysia e Hong Kong. Secondo il Robert Walters Global Salary Survey 2008, nel 2007 i salari di entrata della maestranze IT sono cresciute mediamente del 20/30%, con punte massime per i migliori anche del 40%. Di conseguenza, «chi offre incrementi inferiori al 10% rischia che i candidati accettino altre offerte, o rilanci da parte degli attuali impiegati», si legge nell’indagine come riportata da ZDnet. Già, perché il dinamismo del mercato del lavoro ha trasformato salari, contrattazioni e benefit in argomenti chiave del quotidiano. Nessuno dei professionisti IT, insomma, si sposa per la vita con l’azienda che l’assume e guarda molto da vicino a come viene considerato sul posto di lavoro. Per mantenere uno staff di qualità non ci si può solo affidare all’aumento dei salari e ai bonus. Bisogna gestire al meglio i sistemi di promozione, migliorare le relazioni con i dipendenti e attivare benefit flessibili.

Strategie che in Italia sembrano utopie, soprattutto se si considera che a Singapore sono giunti persino alla creazione di veri e propri dipartimenti che si occupano solo della staff retention, ossia delle modalità con cui allontanare il più possibile lo “spettro” delle dimissioni. È diventato sempre più evidente che se la prima sfida è quella di assumere talenti, il coinvolgimento continuo e i programmi di incentivi sono essenziali per mantenere lo staff e assicurarlo sul fatto che lo sviluppo della loro carriera è considerato seriamente. Le regole della vecchia catena di montaggio a cottimo del secolo scorso sono applicate al mondo dell’ICT in Italia, dove le società che concorrono a questo mondo esistono quasi esclusivamente grazie ai finanziamenti esterni e/o appalti. Se oggi si spegnesse la mano che alimenta il circolo dei finanziamenti e dei fondi internazionali, probabilmente un buon 80% di società del panorama ICT sarebbe costretto a chiudere. Il mercato ICT italiano va avanti solo in questo modo, non si spiegherebbe altrimenti il dibattito che porta alla luce applicazioni strutturate malissimo, competenze molto prossime allo zero, personale specializzato e motivato praticamente nullo.

Ci sono, anche in Italia, dei casi eccellenti certamente estemporanei di aziende “human-oriented“, ma sono molto rari. Un esempio di human-oriented in Italia è stato promosso dal Comune di Roma, tramite il portale Marco Aurelio, l’Amministrazione con lo sviluppo di un progetto-pilota, volto a definire un modello integrato di formazione, per la diffusione di capacità di valorizzazione e di condivisione della conoscenza aziendale, ovvero del “sapere pratico”. La novità del progetto consiste nell’affidare ai dipendenti alfabetizzati alle nuove ICT l’ideazione di contenuti strutturati. Il progetto ruota attorno alla formazione di 324 dipendenti allo sviluppo di competenze professionali cosiddette di “base”, e alla contemporanea costruzione in forma collaborativa da parte dei corsisti dei relativi prodotti conoscitivi, utilizzando le tecnologie ICT.

Il progetto Marco Aurelio, uno dei primi portali verticali per la “formazione in rete” degli Enti Locali, ha consentito nel corso di questi anni di sostenere diverse e singole iniziative formative per il personale capitolino, secondo modalità integrate, quali: il progetto Itaca per i quadri, il progetto Cremisi per l’ISBCC, la formazione per la patente ECDL, i corsi SAP R/3 per la Ragioneria Generale, e iniziative informative come l’accesso alle Banche dati de “Il Sole 24 ore” per i dirigenti. Purtroppo la formazione e l’aggiornamento riguardano sempre i livelli superiori: quadri, dirigenti, responsabili. Il “Rapporto Assinform sull’Ict nella Pa locale in Italia” ci dà un’idea dello stato dell’arte dell’informatizzazione nelle Amministrazioni locali: anche se lentamente e con fatica, le nostre amministrazioni locali si stanno pian piano adeguando agli standard europei e non mancano dei casi di eccellenza, soprattutto al Centro Nord. L’utilizzo delle applicazioni è ancora prevalentemente centrato sulle esigenze interne ed è scarsamente integrato sia a livello dello stesso Ente che a livello di Enti diversi.

Si fanno così strada l’uso di sistemi informatici come il Gis, che nelle Province copre il 65% dei casi per la cartografia. Anche l’open source si fa strada: la direttiva del dicembre 2003 del ministro per l’Innovazione e le tecnologie ha dato il via libera all’entrata dell’open source negli Enti locali, prevedendo che, nella scelta del software, questi debbano tener conto sia dell’offerta di software proprietario che di quello open source, nonché del riuso di software sviluppato per altre amministrazioni. Oggi, quando si parla di e-government, ci si riferisce soprattutto al “Codice dell’amministrazione digitale”, risultato di oltre due anni di lavoro e presentato come una sorta di “costituzione” del mondo digitale che impone alle Amministrazioni pubbliche di rendere disponibili ai cittadini tutte le informazioni in modalità digitale. Il cambiamento più significativo previsto dal Codice riguarda l’azzeramento dei certificati cartacei. Viene riconosciuta piena validità giuridica alle comunicazioni per via telematica: gli atti, i dati, i documenti, le scritture contabili e la corrispondenza devono essere conservati in archivi informatici. Ciò che è più importante è la mole di archiviazione necessaria. Tutto business per gli addetti ai lavori.