La firma digitale

di Noemi Ricci

20 Giugno 2008 09:00

Nel nostro Paese, negli ultimi nove anni, sono state emesse 3 milioni di schede e sottoscritti 100 milioni di documenti in formato digitale

In questi anni l’Italia ha percorso molta strada, nella direzione dello sviluppo di una cultura del documento informatico.
Questo ha pieno valore legale e notevoli vantaggi in termini di spostamenti di persone, atti da spedire, archiviare e gestire, nonché per l’occupazione dello spazio. Così si sta gradualmente abbandonando il tradizionale documento cartaceo, con tutti i problemi e costi legati alla sua gestione e archiviazione, favorendo non solo i rapporti tra cittadini e PA, ma anche le relazioni tra le imprese.

In ambito europeo, avvalorando il lavoro fatto sin qui dal nostro Paese, la Commissione UE ha riconosciuto la firma digitale italiana e i suoi protocolli di interoperabilità come modello base a livello europeo. Come spiegato dallo stesso CNIPA, a differenza di quanto avviene nel resto d’Europa, solo in Italia «qualunque firma digitale emessa da uno dei 18 certificatori accreditati dal CNIPA consente la sottoscrizione con standard tecnologici che permettono la completa circolarità dei documenti». Riportiamo come esempio la Francia, in cui un documento sottoscritto in modo digitale non è facilmente verificabile in altri Stati membri dell’UE.

L’Italia, dalle stesse rilevazioni della Commissione europea, applica allo stato attuale sia gli standard comunitari, ma anche specifiche regole a livello nazionale (Dlgs 10/2002, del DPR 137/2003) che, se formalizzate dalla Commissione europea nell’ambito della revisione della Direttiva del 1999, permetterebbero di accelerare l’adozione di questo importante strumento di innovazione tecnologica. Da Bruxelles arrivano così una serie di progetti finalizzati a consentire un efficace recepimento della Direttiva dei servizi che impone, ai Paesi dell’Unione Europea, l’attivazione di servizi del mercato interno che garantiscano la circolarità delle identità digitali attraverso strumenti elettronici, come la stessa firma digitale.

La diffusione in Italia della firma digitale è stata agevolata dall’adozione del Codice dell’Amministrazione Digitale nel 2006, che ha rafforzato il diritto dei cittadini a scambiare comunicazioni mediante posta elettronica con le PA, anche locali, con la possibilità di rivolgersi al giudice amministrativo per obbligare i pubblici uffici a rispettare l’obbligo di risposta e dando quindi valore probatorio al documento informatico sottoscritto. Grazie agli sforzi del CNIPA nell’attuare una continua attività progettuale, normativa e di controllo, in questi nove anni l’Italia è stata in grado di adottare meccanismi di interoperabilità unici pressoché a livello mondiale.