
Contratti a termine, Calderone: meno vincoli per consentire i rinnovi
Marcia indietro sul Decreto Dignità: il Ministero del Lavoro studia la revisione delle causali per semplificare i rinnovi del contratto a tempo determinato.
Il Decreto Dignità (DL 87/2018, convertito nella Legge 96/2018) ha modificato la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato modificando l’art. 19 comma 1 del D.lgs. 81/2015.
In generale, non è più possibile siglare nuovi contratti a tempo determinato che prevedano una durata superiore ai 24 mesi (contro i 36 mesi previsti dal Jobs Act).
Unica deroga è quella affidata alla contrattazione collettiva, anche aziendale.
Non solo: un contratto a termine senza causale può essere stipulato solo per un massimo di 12 mesi tranne che nelle seguenti eccezioni:
Diversamente, così come previsto dal comma 1-bis dell’art. 1 del Decreto, il contratto si trasforma in tempo indeterminato dalla data di superamento dei 12 mesi.
Il contratto a termine può essere rinnovato solo in presenza di una delle causali previste dal comma 1 sopra citato.
Le proroghe, invece, possono essere decise soltanto nell’ambito dei primi 12 mesi. Il loro numero massimo è pari a 4 nell’arco dei due anni. Fanno eccezione: attività stagionali, fondazioni musicali e startup innovative.
Il contributo addizionale dell’1,4% sull’imponibile contributivo dei contratti a termine (c.d. ticket NASpI) viene incrementato di 0,5 punti in occasione di ogni rinnovo, anche in somministrazione.
Per impugnare un contratto a tempo determinato ci sono adesso 180 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.