Dirigenti pubblici, spoil system smascherato

di Stefano Gorla

26 Ottobre 2011 11:30

Con due recenti sentenze il Tar del Lazio ha bocciato il concorso del 2010 dell'Agenzia delle Entrate per dirigenti amministrativi che sanava incarichi conferiti a funzionari interni senza qualifica dirigenziale.

Ma anche l’art. 52, c.5, del dlsg 165/2001 è stato violato con una attribuzione illegittima di mansioni superiori attraverso la ripetuta assegnazione degli incarichi dirigenziali.

Secondo i giudici l’Agenzia avrebbe dovuto adottare una gestione diversa per risolvere il problema della carenza di figure dirigenziali. La strada da seguire era quella degli incarichi di «reggenza» ai propri funzionari in quanto la funzione di reggenza fa parte dei «contenuti professionali di base propri della terza area funzionale», come definiti dalla contrattazione nazionale collettiva del comparto delle Agenzie fiscali.

A cascata c’è il problema degli atti adottati dai dirigenti “incaricati”. Solo l’applicazione del principio dell’affidamento dei terzi sulla legittimità dell’azione amministrativa li può salvare dalla decadenza.

Il caso ci consente di allargare il discorso e di fare alcune riflessioni in merito al sistema dello “spoil system mascherato” attraverso la negazione del rinnovo dell’incarico dirigenziale indipendentemente dai risultati raggiunti. Si tratta in sostanza della situazione inversa rispetto a quella di cooptazione suindicata.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n.81/2010, in continuità logica con quanto affermato nelle pronunce n. 103 del 2007 e n. 161 del 2008, ha ribadito nel merito che l’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale deve essere motivata  con riferimento agli scarsi risultati raggiunti dal dirigente.

La Corte ha stabilito che è costituzionalmente illegittimo l’art. 2, c. 161, del decreto legge n. 262/2006 (“Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”), nella parte in cui afferma che gli incarichi conferiti al personale di cui al c. 6, dell’art. 19 del Dlgs n. 165/2001, conferiti prima del 17 maggio 2006, “cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto” perché in contrasto con gli artt. 97 e 98 della Costituzione, in quanto lesiva del principio dell’imparzialità e del buon andamento e del principio di continuità dell’azione amministrativa.

La Corte ha ribadito che il principio costituzionale alla base dell’azione dei dipendenti e dirigenti pubblici è costituito dall’imparzialità, con la regola fondamentale secondo cui i pubblici impiegati sono “al servizio esclusivo della Nazione”.