Mobbing e PA: la tutela delle condizioni di lavoro del dipendente pubblico

di Roberto Grementieri

4 Dicembre 2008 09:00

Con la direttiva 24 marzo 2004, il Dipartimento della Funzione pubblica intende realizzare misure adeguate per mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone sul luogo di lavoro

Particolare attenzione è poi riconosciuta all’equità, in relazione al riconoscimento del livello retributivo, all’assegnazione di responsabilità, alla promozione del personale e all’attribuzione dei carichi di lavoro. Con riguardo al rapporto con i singoli dipendente, la Pubblica Amministrazione dovrà stimolare il senso di utilità sociale del lavoro, creando un ambiente franco, comunicativo e collaborativo, tenendo sotto controllo i livelli percepiti di fatica fisica e mentale.

I principi generali qui esposti sono stati recepiti ed attuati in alcune esperienze regionali, tra le quali spicca quella del Piemonte. Il codice della Regione, seppur non contenga una specifica definizione di mobbing, pone la pregevole ripartizione tra le molestie sessuali e le violenze psicologiche, basandosi non solo su una descrizione delle condotte, ma, in via generale, in rapporto all’atteggiamento e alle condizioni di vita sul luogo di lavoro. Nel primo caso è ritenuta molestia sessuale ogni atto o comportamento, anche verbale, a connotazione sessuale o comunque basato sul sesso, che sia indesiderato e che arrechi, di per sé o per la sua insistenza, offesa alla dignità e libertà della persona che lo subisce, ovvero sia suscettibile di creare un ambiente di lavoro intimidatorio, ostile o umiliante.

Su un diverso fronte è considerata molestia ogni atto o comportamento a connotazione sessuale che, esplicitamente o implicitamente, influenzi le decisioni riguardanti l’assunzione, il mantenimento del posto, la formazione professionale, la carriera, gli orari, gli emolumenti o altro aspetto della vita lavorativa. Vengono poi indicate alcune fattispecie tipizzate delle condotte.

Per quanto poi riguarda la definizione di violenza psicologica, questa è indicata come ogni atto e comportamento aggressivo o vessatorio ripetuta nel tempo a danno di lavoratori e lavoratrici, posto in essere da colleghi e superiori. Tra le fattispecie esemplificate rammentiamo:

  • l’immotivato isolamento anche psicologico da parte dei colleghi;
  • il rilevante e ingiustificato alleggerimento o aggravio del carico di lavoro;
  • le persecuzioni scritte e verbali volte a denigrare la capacità professionale;
  • gli atteggiamenti aggressivi, insolenti, derisori e ogni altro comportamento adottato da persone di grado gerarchico superiore o da colleghi che incidano sulla salute psico-fisica del dipendente.

Alcuni degli aspetti di maggior pregio del codice devono essere rinvenuti nell’approccio estremamente pragmatico che viene proposto per la risoluzione delle situazioni sopra descritte. In primo luogo, è prevista una forte responsabilizzazione di tutti i dipendenti e collaboratori tenuti ad osservare il codice; per i dirigenti viene indicato un obbligo di garantire l’osservanza del codice stesso. È prevista in termini generali e programmatici la predisposizione di momenti di controllo sulla sussistenza di atti o comportamenti contrari al presente codice, nonché, in via preventiva, di interventi sull’organizzazione del lavoro con particolare attenzione a determinate situazioni nelle quali serve una maggiore tutela, nonché l’adozione di interventi di sostegno nei confronti dei dipendenti in particolari situazioni di svantaggio.