Dati riservati: la curiosità non è reato

di Stefano Gorla

15 Gennaio 2008 09:00

Una recente sentenza del Tribunale di Nola rischia di modificare la legge che salvaguarda i dati riservati custoditi dalle PA. Ecco le novità e i possibili pericoli

Il legislatore, nella definizione di “crimine informatico”, considera l’accesso abusivo legato alla mancanza di autorizzazione senza graduare la protezione degli utenti in funzione dello stato mentale del pubblico dipendente. E Il primo comma dell’art 615 c.p. ha previsto come fulcro del momento offensivo del fatto di reato l’accesso al sistema protetto!

Già la Corte di Cassazione (V Penale)con sentenza n. 12732 del 6 dicembre 2000 aveva approfondito la natura delle protezioni di sicurezza rilevanti ex art. 615 ter. La Corte, partendo dalla disciplina relativa alla violazione di domicilio, giunge ad affermare che commette il reato di cui all’art. 615 ter chi, autorizzato all’accesso per una o più determinate finalità utilizzi “il titolo di legittimazione” per uno scopo diverso da quello pattuito e a cui era subordinato l’accesso.

La novità del Tribunale di Nola è da ritenersi inquietante per la sicurezza dei cittadini che oltre alla protezione dei dati dovrebbero essere garantiti dal rispetto degli art..97 e 98 della Costituzione Italiana. La PA è al servizio della Nazione e non è certamente stata creata per soddisfare alle curiosità personali dei funzionari pubblici che devono anzi dimostrare competenza, responsabilità e imparzialità.