


L’importo 2025 del trattamento minimo delle pensioni è pari a 603,40 euro al mese, ossia 7.844,20 euro l’anno su tredici mensilità (rivalutazione 0,8%). I pensionati con un assegno inferiore a questa soglia possono ricevere l’integrazione al minimo pensione se rientrano nei requisiti di reddito e nelle condizioni personali e familiari richieste.
Cos’è l’integrazione al minimo della pensione?
Introdotta dalla Legge 638/1983, l’integrazione si applica quando l’importo della pensione è inferiore al cosiddetto “trattamento minimo”, stabilito annualmente dallo Stato. Lo scopo di questa misura è cercare di contrastare la povertà tra i pensionati, assicurando che nessun titolare di pensione riceva un reddito inferiore a una soglia considerata essenziale. In pratica, se la pensione spettante risulta più bassa di questa soglia, l’INPS provvede a integrarla fino a raggiungere l’importo minimo previsto dalla legge.
Il valore del trattamento minimo viene aggiornato ogni anno sulla base dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo, per tenere conto dell’inflazione e dell’aumento del costo della vita. Per il 2025, il trattamento minimo è stato fissato a 603,40 euro mensili per tredici mensilità grazie in virtù della perequazione automatica dello 0,8% (come indicato nell’Allegato 2 della circolare INPS n. 23/2025 sulla rivalutazione delle pensioni per l’anno in corso). A questo importo si aggiunge solo per quest’anno un incremento del 2,2%, stabilito dalla Legge di Bilancio 2025, che porta l’assegno minimo a 616,67 euro al mese.
L’integrazione al minimo non viene però riconosciuta automaticamente a tutti i pensionati ma solo a coloro che rispettano determinati requisiti.
Chi ha diritto all’integrazione della pensione?
Il diritto all’integrazione al minimo spetta a chi percepisce una pensione di importo inferiore al trattamento minimo e che contestualmente:
- è titolari di pensioni dirette (vecchiaia, anticipata, invalidità) o indirette (reversibilità, superstiti);
- riceve una pensione erogata dall’INPS, dai fondi speciali per lavoratori autonomi o dai fondi sostitutivi/esclusivi dell’AGO;
- ha maturato il diritto con il sistema retributivo o misto (con contributi versati prima del 1° gennaio 1996);
- ha residenza in Italia.
Restano quindi esclusi i titolari di pensioni calcolate interamente con il sistema contributivo, cioè chi ha versato il primo contributo dopo il 31 dicembre 1995. Tuttavia, se in possesso dei requisiti richiesti, questi soggetti possono accedere a una quota di assegno sociale.
Ci sono poi i requisiti di reddito, ossia le soglie al di sopra delle quali non si ha diritto alla pensione integrata al minimo.
Qual è il reddito massimo per la pensione integrata al minimo?
Il limite di reddito viene stabilito ogni anno e varia in base alla situazione familiare del pensionato e alla data di decorrenza della pensione. Per il 2025, i valori aggiornati sono i seguenti:
- per i pensionati non coniugati l’integrazione piena scatta se il reddito personale non supera i 7.844,20 euro annui; se il reddito personale è superiore a 7.844,20 euro ma inferiore a 15.688,40 euro, spetta un’integrazione parziale;
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per i pensionati coniugati, la normativa distingue tra pensioni con decorrenza fino al 31 gennaio 1994 (si considerano solo i redditi del titolare, anche se coniugato) o dopo il 31 gennaio 1994 (si considerano i redditi del titolare e del coniuge), nel qual caso i limiti da rispettare sono
- reddito individuale non superiore a 15.688,40 euro;
- reddito coniugale non superiore a 31.376,80 euro (quattro volte il TM annuo);
- per i pensionati in quiescenza nel 1994, rileva un reddito individuale massimo di 15.688,40 euro; e coniugale di 39.221,00 euro.
Quanto spetta di integrazione pensione?
L’integrazione viene concessa in misura piena se i redditi (individuali o familiari) non superano i limiti minimi. Se i redditi superano tali soglie ma restano entro i limiti massimi previsti, l’integrazione sarà parziale: in questo caso, l’importo si ottiene sottraendo il reddito dal tetto massimo e dividendo per il numero di mensilità (13).
Il rispetto di questi limiti viene verificato ogni anno dall’INPS sulla base delle dichiarazioni reddituali del pensionato.