
Il Digital Services Act (DSA) diventa operativo a pieno titolo dal 26 agosto. Dopo la scadenza del 25 agosto, 19 grandi piattaforme web devono obbligatoriamente conformarsi alle nuove regole stabilite dall’Unione Europea nel settore digitale.
Vediamo cosa cambia e per chi.
Chi è coinvolto nel Digital Service Act
Le normative riguardano principalmente quei soggetti che forniscono servizi a almeno il 10% della popolazione dell’Unione europea ogni mese, ovvero 45 milioni di persone.
Tra questi, ci sono colossi Internet (Vlop – Very large online platform) e motori di ricerca (Vlose – Very large online search engine) come Amazon, Google e tutte le sue varianti, Youtube, Meta (Facebook) con Instagram e X (Twitter), Tiktok, Alibaba Express, Snapchat, Pinterest, LinkedIn, Wikipedia, Booking, App Store di Apple e Zalando.
Regole e obiettivi del DSA UE
Il DSA impone maggiore trasparenza sugli algoritmi web e sulla pubblicità online. Prevede inoltre una politica più rigorosa contro la disinformazione online e la profilazione degli utenti.
Tutte le piattaforme devono inoltre dotarsi di organismi che motivino la rimozione di contenuti o lo shadow banning, gestendo eventuali ricorsi. Nel 2024 il DSA istituirà organismi indipendenti nazionali a tale scopo, per l’Italia se ne occuperà l’AgCom.
Impatto sulle Big Tech
Entro il 25 agosto il DSA ha previsto che gli operatori redigessero un rapporto di valutazione dei rischi sistemici.
Dal 26 agosto, le Big Tech dovranno essere più trasparenti sulle informazioni suggerite e sugli annunci per le vendite online. Per le piattaforme sarà vietato pubblicare pubblicità basate sui profili di bambini o su dati personali sensibili come l’orientamento sessuale e le opinioni politiche.
Per chi viola le direttive sono previste sanzioni fino al 6% del fatturato globale o il blocco temporaneo dell’attività.