L’anno dell’innovazione WiMax

di Alessandro Longo

10 Gennaio 2008 09:00

La gara vera e propria, per il WiMax, comincerà intorno al 20 gennaio 2008, ma è già possibile intuire che volto avrà questa innovazione, in Italia

Molto dice la lista di coloro che hanno comunicato formalmente al Ministero delle Comunicazioni di essere interessati al WiMax: sono 48 aziende. «Sta andando per il meglio: notiamo che c’è stato un grande riscontro», dice Maurizio Decina, presidente della FUB (Fondazione Ugo Bordoni, che collabora con il Ministero) e ordinario di reti e comunicazioni presso il Politecnico di Milano.

Nella lista ci sono tanti operatori grandi e piccoli, ma anche outsider, che vengono da settori diversi dalle telecomunicazioni: dalla televisione, soprattutto.

Per prima cosa, si notano i grandi assenti: Tiscali, 3 Italia e Vodafone. Per 3 Italia era quasi scontato, avendo puntato tutto sulla banda larga di rete mobile della famiglia Imt-2000 (Umts e simili). Sorprende un po’ di più la decisione di Vodafone: dice di non essere interessata al WiMax perché nel 2008 preferirà scommettere su un mix di offerte Adsl in unbundling (sfruttando e potenziando la rete di Tele2, appena acquisita) e Umts/Hsdpa, con velocità fino a 7,2/1,2 Mbps, ad oggi. Vodafone dice che intende portarla a 14 Mbps nei prossimi sviluppi. La sua idea è di offrire Internet Hsdpa, nelle case e negli uffici, nei comuni sotto i 30 mila abitanti, facendo così a meno delle capacità anti digital divide del WiMax. Nei comuni più popolosi arriverà con l’unbundling. Chissà se, in conseguenza di questo piano, arriveranno offerte mobili a forfait, Vodafone Casa e Vodafone Office, più ampie e generose rispetto alle attuali.

L’assenza di Tiscali è spiegata dall’amministratore delegato Mario Mariani come una mossa strategica e di prudenza. Il punto è che il WiMax italiano, essendo arrivato così in ritardo, soffre di una pecca: non ha un chiaro ritorno degli investimenti. Tiscali preferisce stare alla finestra e studiare gli sviluppi; comunque si lascia aperta una porta al WiMax, comunica l’operatore, tramite accordi già fatti con alcune aziende possibili aggiudicatrici di licenze. Accordi che consentirebbero a Tiscali di usare lo spettro WiMax nelle zone dove non ha la copertura Adsl: ne acquisterebbe l’uso sul mercato all’ingrosso da chi ha comprato la licenza dal Ministero.

«È probabile che ci sarà un giro di accordi anche tra altri operatori», dice Luca Berardi, analista di Idc. «Le licenze sono regionali o macroregionali, mentre gli operatori hanno buchi di copertura solo in alcuni comuni e province- continua. Si accorderanno quindi per ottimizzare l’uso delle frequenze». Un operatore come BT Italia- che pure è nella lista delle 48 aziende- non può essere interessato a usare il WiMax su un’intera regione o macro regione, tanto più che si rivolge al solo pubblico business. Userà il WiMax per complementare la propria copertura unbundling, laddove ci sono aziende non raggiunte dalla sua rete.

Tra gli altri operatori che hanno manifestato interesse al WiMax ci sono Telecom Italia, Fastweb e Wind. «Per loro è una mossa obbligata; soprattutto per Telecom: devono presenziare anche questo mercato banda larga». Il WiMax serve a Telecom, inoltre, per completare la propria copertura banda larga, sulla popolazione, come da accordi presi con il Governo.

In realtà è possibile che qualche operatore alla fine, prima della gara, si ritirerà. Wind dice di non essere ancora certa dei vantaggi del WiMax, per il solito problema degli incerti ritorni sugli investimenti. Per lo stesso motivo, i membri dell’Aiip (associazione dei principali provider italiani) non partecipano all’asta WiMax; nella lista delle 48 aziende ci sono invece provider più piccoli, regionali, e due specializzati in wireless (Infracom e Trivenet).

Il punto è che questi dubbi non ci sarebbero stati se la tecnologia fosse arrivata un anno fa in Italia, quando è stata lanciata negli altri Paesi europei. All’epoca il WiMax aveva molto tempo davanti a sé per dare un ritorno sugli investimenti, essendo una soluzione molto competitiva nelle aree del digital divide. In Germania addirittura è proposta a famiglie e aziende come alternativa all’Adsl, perché è forte di canoni concorrenziali, che comprendono chiamate VoIP e permettono di abbandonare l’operatore telefonico ex monopolista (Deutsche Telekom).

Negli ultimi 12 mesi, però, le connessioni Adsl e Umts/Hsdpa hanno aumentato la copertura, la velocità, e ridotto i prezzi. Nel contempo, in Italia i provider si sono fatti una ragione dell’assenza del WiMax e hanno imparato ad arrangiarsi: hanno creato reti su frequenze libere e hanno cominciato a offrire servizi Hiperlan e WiFi Mesh nelle aree del digital divider.

Il WiMax quindi non è più così competitivo; tanto più che gli operatori ci metteranno altri 12 mesi circa per completare la propria infrastruttura di rete WiMax, tararla e testarla. Per di più, da noi il WiMax arriva monco: a differenza di quanto accade negli altri Paesi, potrà usare solo tre quarti dei 200 MHz di spettro disponibile in quel range di frequenze (3,4-3,6 GHz), perché il Ministero della Difesa se n’è tenuto un quarto.

Meno spazio nello spettro significa meno banda larga allocabile per utente. «Una cella WiMax coprirà un’area di 314 chilometri quadri, con 35 Mbps disponibili – dice Dècina. Se gli utenti nella cella sono 35, in quest’area, prendono 1 Mbps ciascuno di velocità massima, il che vuol dire circa 700 Kbps reali, in download e upload. Ma se sono centinaia, viaggiano come con il dial-up». Ne deriva «che il WiMax sarà usato solo in zone di grave digital divide, dove ci sono solo decine di utenti collegati in una grande area».Dal punto di vista tecnico, sarà usato sia per fare celle sia per fare backhauling (ponti radio). Il bando del Ministero permette entrambi gli usi (smentiti così i timori dei provider, che pensavano sarebbero stati vietati i ponti radio). «I licenziatari potranno usare apparati WiMax che seguono standard 802.16d o il più nuovo 802.16e, anche detto WiMax mobile- continua Decina. Le attuali frequenze disponibili sono troppo elevate per fare connessioni WiMax mobili come quelle cellulari, ma comunque credo che gli operatori preferiranno usare l’802.16e, per vari motivi. Primo, perché è il futuro mentre l’802.16d va ormai verso l’obsolescenza. Secondo, perché i costi degli apparati 802.16e sono in calo. Terzo, perché comunque con lo standard 802.16e potranno offrire servizi almeno di parziale mobilità, poiché supporta l’hand over tra le celle».

A questo punto ci si può chiedere come useranno il WiMax le aziende outsider, tra cui spiccano i nomi di Elettronica Industriale (Mediaset), MGM (Odeon), Digital Television (che si occupa di IPTv e VoIP), T-Systems (Deutsche Telekom) e Toto Costruzioni (Airone). Secondo gli esperti di Idc e Ovum, è improbabile che offriranno i servizi WiMax direttamente: non è il loro business. È possibile invece che li venderanno nel mercato all’ingrosso, a operatori. È lo stesso business che già Mediaset sta facendo con il Dvb-h (Tv su cellulare), dove affitta la rete a Tim e Vodafone.

Nella lista dei 48 ci sono infine piccole e medie aziende che non si occupano di telecomunicazioni. «È probabile che prenderanno la licenza per poi farla usare a Comuni, Regioni e Province con cui hanno fatto accordi», spiega Decina. Ne potrebbero nascere servizi di reti wireless per il cittadino. Sono note le proteste delle pubbliche amministrazioni locali italiane, attraverso l’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani): avrebbero voluto che il Ministero riservasse loro alcune frequenze WiMax, senza bisogno di partecipare all’asta. Per questo motivo mancano le PA nell’asta italiana, mentre ci sono state in quella francese. È possibile però che alla fine il WiMax lo useranno lo stesso, grazie ad accordi con aziende locali aggiudicatrici di licenza.