RFID: siamo a un punto di svolta?

di Riccardo Simone

Pubblicato 27 Febbraio 2008
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:46

Di RFID abbiamo già  parlato, qualche mese fa, discutendo del ritardo nella loro introduzione. A distanza di qualche mese fa, le cose sono cambiate? A leggere i dati di IDTechEx diffusi in questi giorni, che PMI.it analizza dettagliatamente, verrebbe da dire di sì.

Infatti il mercato delle etichette intelligenti (i tag) pare essere in fortissima espansione – sono raddoppiate nel corso dell’ultimo anno – e le previsioni parlano di una crescita ancora più consistente per il 2008. Tuttavia, come spesso succede, questi report presentano dati aggregati a livello mondiale e dunque risultano poco utili per descrivere efficacemente la situazione nazionale.

Altra notizia sul tema, Ford ha deciso di mettere a disposizione come optional sui suoi nuovi furgoni e pick-up un sistema RFID a tag passivi. È una soluzione molto interessante per l’attività  di imprese di pulizia, idraulici, elettricisti, muratori, ma anche per le autoambulanze, in quanto permette una rapida catalogazione, gestione e verifica delle attrezzature presenti a bordo del veicolo.

Ma insomma, si può parlare davvero di punto di svolta?

Queste notizie mettono in luce un’ambivalenza che caratterizza le nuove tecnologie in espansione. Gli RFID sono un tipico esempio di General Purpose Technology, in quanto si possono applicare a numerosi settori produttivi o attività : dalla logistica alle carte di credito, dalla rilevazione presenze ai biglietti elettronici.

Tuttavia stando ai dati del rapporto dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, i tag RFID, in Italia, non hanno trovato ancora applicazione su larga scala. I motivi sono principalmente tre:

  • la tecnologia è ancora poco conosciuta
  • i costi per la sua implementazione restano elevati
  • manca la capacità  di rischiare su progetti di implementazione

Negli USA il leader mondiale della grande distribuzione, Wal Mart, ha adottato da quattro anni i tag RFID per la gestione delle scorte di magazzino e degli scaffali: una mossa che ha avuto un’enorme risonanza oltreoceano ma non in Italia, dove l’implementazione avviene su scala ridotta, a livello di progetti-pilota che solitamente non superano i 50 mila euro di spesa. Questo dato è indice di scarsa propensione al rischio da parte dei potenziali clienti della tecnologia.

Sicuramente l’implementazione di un sistema RFID risulta ancora costosa, soprattutto per piccoli volumi e dunque per le PMI: non si scende sotto i 3000 euro per la parte hardware che comprende lettori, antenne ed etichette. Queste ultime hanno costi decisamente elevati soprattutto in relazione ad alcune loro possibili applicazioni: 40 centesimi a tag possono essere sostenibili per un progetto di abbonamenti “intelligenti” ai mezzi pubblici, ma non lo sono affatto per etichettare i pacchi di pasta.

Per il momento la situazione è come quella di un gatto che si morde la coda: i prezzi sono alti perché le imprese non adottano la tecnologia su larga scala, ma solo le economie di scala permettono un abbassamento di prezzo. Questo circolo vizioso può essere rotto da un grande player (pubblico o privato non importa) che decide di investire seriamente sulla tecnologia a radio frequenze.

Ma il vero costo dei sistemi RFID è rappresentato dalla riorganizzazione dei processi che bisogna attuare per introdurre la nuova tecnologia, in termini di consulenze, tempo, formazione delle risorse umane e verifica dell’implementazione. In questo caso è la sensibilità  dei manager e degli imprenditori che può determinare il percorso e la velocità  di adozione di questa tecnologia dal potenziale enorme.