Virtualizzazione remota come alternativa ai server dedicati

di Marco Mattioli

Pubblicato 20 Aprile 2009
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:37

La virtualizzazione dei server aziendali è un argomento ampiamente trattato, anche con il contributo di una guida rivolta allo strumento VMware, che risulta tra i più diffusi in ambiti PMI, in virtù dei numerosi pregi offerti.

Un aspetto che mi pare possa essere preso in considerazione concerne l’eventualità  di ricorrere a servizi che propongono server virtuali remoti in alternativa a quelli dedicati, tenuto conto che negli ultimi anni la proposta si è decisamente differenziata.

Tipicamente possono essere considerati come Virtual Private Server (VPS), che si distinguono dall’esistenza fisica di singoli computer con caratteristiche hardware predefinite. Un VPS è invece considerabile come un sistema virtualizzato, del tutto trasparente per l’utente finale.

Ciò significa che si ha la possibilità  di configurare ad hoc un server secondo le proprie esigenze, potendo apportare dinamicamente nel tempo modifiche legate a mutamenti del carico di lavoro, non dovendosi legare alle specifiche hardware di server reali, che rischiano di dover essere frequentemente aggiornate.

Oltre all’ampia configurabilità , un server remoto virtuale è solitamente corredato da servizi automatici di backup quotidiani, connettività  Internet a banda larga e SLA che possono raggiungere anche il 99,9% su scala annua.

Quest’ultimo è un parametro da tenere nella giusta considerazione, in quanto è un indicatore della continuità  del servizio e valori così elevati sono difficilmente raggiungibili con i server dedicati a causa della loro architettura.

Il protagonista di questi sistemi è ancora una volta VMware, che si propone come ottimo software di virtualizzazione ad elevato isolamento e capace di emulare al 100% l’hardware per far girare al meglio anche le applicazioni più critiche, come se si avesse a che fare con un server reale dedicato.

VMware ESX fa uso di un file system clustered, condiviso cioè tra i diversi nodi hardware di rete disponibili e tra loro collegati. La gestione dello spazio risulta particolarmente efficiente, in quanto tutti i server sono in grado di accedere all’area di memorizzazione di rete, rendendo i tempi di migrazione molto brevi.

La personalizzazione consente di scegliere il numero di processori, la quantità  di RAM, lo spazio su disco, l’ampiezza di banda disponibile, il traffico, il numero di indirizzi IP ed il sistema operativo tra Linux e Windows.

Un apposito pannello di controllo permette di gestire le attività  principali, come l’avvio, il reset o lo spegnimento del server, l’uso di una console per simulare la presenza della macchina (anche a livello di BIOS), il monitoraggio del consumo delle risorse e la condivisione di risorse locali, ad esempio un lettore CD/DVD pe installare il sistema operativo o le applicazioni.

L’ultimo aspetto da tenere presente concerne i costi, che negli ultimi anni si sono decisamente abbassati ed è quindi possibile effettuare raffronti paralleli con analoghi sistemi di housing ed hosting prima di effettuare qualsiasi scelta.