Dalla customer satisfaction alla human satisfaction

di Massimo Furia

19 Dicembre 2007 09:00

È tempo per le imprese di ripensare ai rapporti con i propri clienti. Come? Ce lo spiega Marzio Bonferroni, presidente di UniOne e autore di numerosi testi di marketing

La comunicazione è universalmente considerata uno dei processi più importanti per generare profitto da parte delle imprese, eppure è diventato evidente che le strategie tradizionali – in particolare quelle pubblicitarie – non hanno più la stessa presa di qualche anni fa.

Sono cambiate le metodologie e le risposte da parte dei ricettori (clienti, potenziali tali, utenti, navigatori della rete, etc.) e quando è questo quadro a cambiare deve poter cambiare anche la capacità dell’impresa di orientarsi verso nuovi schemi di marketing e comunicazione. Per questo è nato un nuovo modello che passa dalla concezione di “customer satisfaction” a quella di “Human Satisfaction”.

Ne abbiamo parlato con Marzio Bonferroni, fondatore e presidente di UniOne – architetture di comunicazione, consulente d’impresa ed autore di numerosi testi di riferimento sul tema della comunicazione di marketing e, soprattutto padre di questo nuovo approccio di marketing: la Human Satisfaction.

Perché la comunicazione pubblicitaria non ha più gli stessi risultati di una volta?

Philip Kotler, il “grande padre” del marketing, in un recente Forum internazionale ha detto esplicitamente: «se in televisione appaiono gli spot, vostra moglie normalmente può fare due cose: andare a preparare un caffè, oppure cambiare canale». Da anni Kotler sostiene che la pubblicità non funziona più come alle sue origini, dato che si presenta al pubblico come un monologo, mentre siamo da tempo entrati nell’era del “dialogo” ovvero della comunicazione a due vie, di cui è necessario prendere coscienza.

La pubblicità è figlia legittima del sistema industriale di massa e della customer satisfaction, visione ormai obsoleta e umanamente restrittiva in quanto concentra il focus sul customer e sui suoi atti. La Customer satisfaction, che a sua volta deriva dall’economia disumana della massimizzazione del profitto, e la pubblicità unidirezionale che non ammette il dialogo nella sua impostazione, tendono non a “servire” ma a imporre agli esseri umani atti comportamentali indotti da messaggi ripetuti emotivamente più volte per occupare forzatamente spazio nella memoria, e per tendere a generare riflessi condizionati. Non considera aspetti molto più ampi in cui un essere umano si realizza, e che sono non solo emotivi, ma anche razionali ed etici.

Quale potrà essere la visione dominante nel “nuovo territorio della comunicazione”?

Desidero sottolineare come la visione dominante per un futuro nuovo territorio per l’impresa e per la sua comunicazione sia da collocare nelle prospettive e nello sviluppo di un “nuovo umanesimo” in cui il consumatore, il customer della obsoleta “customer satisfaction” lasci il posto a un essere umano completo da rispettare e da servire in ogni sua istanza, nelle tre aree fondamentali, ovvero nelle aree dell’emozione, della ragione e dell’etica.

La pubblicità dunque della customer satisfaction è un monologo acceleratore dei consumi e dovrà lasciare il campo ad una più ampia struttura comunicazionale il cui fine ultimo per un’impresa sia il giusto profitto, conseguenza indiretta della human satisfaction dei propri stakeholder.

Quali sono i principali ostacoli alla diffusione di una nuova cultura della comunicazione? Che fare per superarli?

Primo ostacolo per l’innovazione della comunicazione è la difficoltà che si rivela anche soltanto a mettere in discussione le vecchie abitudini. Questo ostacolo si chiama pigrizia, condizionamento, cecità, mancanza di coraggio e in certi casi anche malafede.

In secondo luogo c’è la scarsa qualità delle ricerche sull’efficacia della comunicazione. Ho avuto dirette esperienze con responsabili di istituti di ricerca che, per evidenti motivi di business, mi hanno confidato con grande chiarezza come non sia possibile sempre dire la verità per non “offendere il committente”, privilegiando quindi l’ottenimento del lavoro di ricerca e del business ad esso collegato, alla norma etica e deontologica che prevede il rispetto della verità.

Per vincere questi ed altri ostacoli occorre dunque, a partire dagli imprenditori e degli Alti Vertici, una forte propensione all’analisi dell’efficacia dei metodi e delle tecniche in essere, mettendole continuamente e con grande umiltà (dote rarissima) in discussione nel concetto socratico che indica con chiarezza il “so di non sapere”. Tutto è sempre evolvibile e migliorabile purché non ci si “sieda” sulle abitudini consolidate che possono in qualche modo offrire certezze e sicurezze.

Quindi il da farsi è da individuare in una continua formazione culturale oltre che metodologica e tecnica. Saranno sempre più indispensabili imprenditori e manager con cultura di base non solo economica ma anche classica e quindi umanistica, dato che il presupposto basico per il successo delle imprese del futuro, anche in comunicazione, sarà determinato dalla nuova visione della centralità dell’essere umano, che abbiamo chiamato “human satisfaction”.

Per capire l’uomo globalmente prima di capire e analizzare quella parte dell’essere umano-cliente che determina l’atto d’acquisto, sarà necessario approfondire gli elementi che lo compongono. Solo dopo si potrà passare agli elementi tecnici che permetteranno di entrare in contatto con i pubblici di interesse, per poi relazionarsi stabilmente con loro, fino a raggiungere obiettivi di fedeltà all’impresa e alle sue marche.

Quali imprese potranno utilizzare un nuovo metodo di comunicazione? Con attenzione a quali punti essenziali?

Ogni impresa, nelle aree sia del B2B sia del B2C, dalla più artigianale e personale alla più strutturata ed estesa internazionalmente, potrà entrare nel nuovo territorio della comunicazione, valendo per ognuna di esse lo stesso principio che vale per ogni singola persona, ovvero che un’idea se non è ben comunicata, non si diffonde, non permette lo sviluppo intellettuale ed economico di chi l’ha creata e, in pratica, è come se non esistesse.

Per adottare efficacemente l’approccio della Human Satisfaction, Bonferroni elenca alcuni punti fondamentali che le imprese devono seguire.

1. Inserire stabilmente la comunicazione di marketing nelle funzioni strategiche primarie, il cui impulso e controllo della progettazione e realizzazione, sono di competenza dell’imprenditore e del CdA.

2. Dar credito per la progettazione della comunicazione di marketing, non a chi si propone come agenzia, termine che ha al suo interno il significato primario di vendita di quanto esiste già “a catalogo”, ma a chi si propone con filosofia e pratica da consulente, svincolata dalla proprietà di alcun mezzo o tecnica di comunicazione, da dover “vendere ad ogni costo”. Superare la creatività tradizionale demandata a singoli professionisti, per arrivare a considerare essenziali i teamwork multidisciplinari, quali generatori di multicreatività e quindi di messaggi, mezzi e programmi indirizzati a risolvere le necessità della Human Satisfaction rilevata nelle sue tre aree in ogni singolo stakeholder.

3. Eliminare le dispersive frammentazioni di tecniche gestite ognuna per messaggi derivanti da proprie concezioni strategiche, per arrivare ad un processo unitario di comunicazione, quale “filiera” di elementi necessari per ottenere prima l’impatto e l’attenzionalità “a due vie” nella nuova concezione, e poi in successione complementare e sinergica sia obiettivi di relazione sia di fidelizzazione, considerando tutti gli stakeholder.

4. Eliminare il concetto tradizionalmente dominante della brand awareness generata dalla pubblicità, considerandola idonea esclusivamente nella prima fase del processo stesso in cui si dovrà attirare l’attenzione dei pubblici potenzialmente interessabili, offrendo loro una efficace sintesi del posizionamento. Essa è dunque da considerare in una nuova cultura quale mezzo “ponte” per stimolare gli stessi pubblici ad approfondire gli aspetti relazionali e di fidelizzazione che l’impresa offre.

5. Considerare la “comunità della marca” un elemento strategico fondamentale da costruire, sviluppare e mantenere nel tempo, per presidiare la parte alta del mercato potenziale da cui dipende il massimo fatturato per l’impresa nonché il processo di emulazione per tutto il mercato potenziale.

6. Considerare sempre l’architettura complessiva di comunicazione, in costante evoluzione data l’evoluzione costante dei diversi stakeholder e delle loro necessità, per comprende sia la strategia di base, sia gli aspetti strategici per la costruzione dei messaggi, sia gli elementi mediatici per la loro diffusione. Essa sarà uno strumento basilare per generare e controllare la comunicazione nella sua totale e globale definizione, destinata a soddisfare le esigenze di tutti gli stakeholder di riferimento per l’impresa e per le sue marche, ottenendo così come conseguenza gli obiettivi e il profitto.

7. Considerare obiettivo essenziale e prioritario alla costruzione dei progetti, l’ascolto delle necessità dei diversi stakeholder e dell’impresa, per contribuire alla più idonea strategia di comunicazione, nonché alla costruzione dei progetti e programmi operativi, fino alla misurazione dei risultati.

8. Per l’affidamento dei progetti e programmi di comunicazione, bisogna dar credito esclusivamente alle misurazioni e alle valutazioni realizzate con i test e le ricerche indipendenti e obiettive, che dovranno valutare primariamente le necessità e la soddisfazione dei diversi stakeholder di riferimento.