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Assunzione a tempo determinato: il contratto di lavoro a termine

di Roberto Grementieri

Pubblicato 14 Ottobre 2013
Aggiornato 4 Gennaio 2016 08:38

Tutto quel che in genere si ignora sulla disciplina del rapporto di lavoro a termine: i requisiti del contratto che, se non rispettati, lo trasformano in automatico in tempo indeterminato.

Per la stipula di un contratto a termine (disciplinato dal D. Lgs. del 06.09.2001, n.368) sono necessarie alcune condizioni, senza le quali la clausola appositiva del termine deve considerarsi nulla con conseguente trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato. Vediamo quali sono.

Assunzione a termine: i requisiti

Il contratto di lavoro a termine può essere stipulato solo in presenza di ragioni (anche riferibili all’ordinaria attività del datore) di tipo tecnico (ad esempio, qualora sorga la necessità di assumere a termine personale con professionalità diversa da quella normalmente impiegata in azienda); produttivo/organizzativo (ad esempio: l’acquisizione di una nuova commessa o la riorganizzazione di un settore); sostitutivo (ad esempio, per sostituire lavoratori assenti per malattia, infortunio o maternità). Il contratto a termine, se di durata superiore a 12 giorni, deve essere stipulato in forma scritta, prima o contestualmente all’inizio della prestazione lavorativa. Il termine può essere indicato in modo preciso o indirettamente (c.d. termine elastico: se la data è connessa ad un evento che si verificherà sicuramente ma non si sa esattamente quando, ad esempio al rientro di una lavoratrice in maternità o al compimento di un’opera o servizio). Non esistono delle limitazioni a priori alla durata del contratto, ma il termine deve essere pattuito in modo coerente con la concreta ragione di assunzione dedotta nel contratto all’atto della sua stipulazione. Le ragioni giustificatrici devono essere specificate in modo dettagliato e devono essere concrete ed effettive come, ad esempio, l’acquisizione di specifiche commesse o la necessità di procedere ad operazioni di manutenzione ordinaria o straordinaria, di accelerare i ritmi di produzione in vista della scadenza di un termine di consegna di una determinata commessa, ect. L’indicazione generica delle ragioni (ad esempio: per ragioni di carattere tecnico o per intensificazione dell’attività produttiva) equivale alla loro assenza.

Tempo determinato: quando è illegale

Ad ogni modo, al datore di lavoro è comunque vietato assumere a termine lavoratori presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che gli accordi sindacali dispongano diversamente; il contratto sia stato concluso per sostituire lavoratori assenti o inserire i lavoratori in mobilità; il contratto abbia durata iniziale inferiore a tre mesi. Inoltre, è vietata l’assunzione a tempo determinato per le aziende nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; per le aziende che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

Cessazione del contratto

Con il decorso del termine il rapporto di lavoro cessa automaticamente. A determinate condizioni, tuttavia, è possibile che il rapporto prosegua di fatto per un breve periodo di tempo (c.d. proroga di fatto) o che le parti si accordino per la stipulazione di una proroga del contratto iniziale o di un contratto a termine. Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia cessato al momento del termine illegittimamente  pattuito o prorogato, il lavoratore che voglia far accertare la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato può agire, a secondo dei casi, con azione di nullità parziale del contratto di illegittimità del licenziamento. Alla scadenza del termine concordato, il rapporto di lavoro si estingue automaticamente, anche se interviene nel periodo di conservazione del posto per gravidanza e puerperio. L’effetto estintivo si realizza senza alcun preavviso o comunicazione formale.

A nostro avviso, tuttavia, pur non ricorrendone l’obbligo è opportuno, specialmente nel caso in cui sia stato pattuito un termine elastico, che il datore di lavoro consegni al lavoratore una comunicazione al fine di informarlo dell’avvenuto verificarsi della causale estintiva pattuita e della conseguente cessazione del contratto. Il datore di lavoro che abbia concluso un contratto a termine di durata inferiore a tre anni può evitarne la cessazione automatica per effetto del decorso del termine stipulando, per una sola volta e con il consenso del lavoratore, una proroga.

Proroga del contratto

La proroga è consentita se, anteriormente o contestualmente alla scadenza del termine, si sono verificate delle ragioni oggettive, anche prevedibili e diverse da quelle del contratto iniziale, che giustifichino la necessità di prolungare il contratto. Il lavoratore dovrà in ogni caso continuare a svolgere la stessa attività lavorativa per la quale il primo contratto era stato concluso. Infine, la durata massima complessiva del rapporto a termine dovrà essere, nonostante la proroga, pari o inferiore ai tre anni; è quindi possibile che la durata della proroga sia maggiore di quella del contratto iniziale.

Trasformazione a tempo indeterminato

Decorso il termine inizialmente fissato o quello prorogato, il datore di lavoro può continuare ad usufruire della prestazione del lavoratore per un breve periodo di tempo, senza che sia stipulato alcun accordo formale in tal senso, a condizione che la prestazione lavorativa sia compensata con una maggiorazione. La proroga può avere una durata massima di: 50 giorni per i contratti di durata iniziale pari o superiore a sei mesi; 30 giorni per quelli inferiori a sei mesi. Per i contratti acausale l’articolo 7 Legge 99/2013, di conversione del decreto legge 76/2013 (Decreto Lavoro del governo Letta) può essere prorogato nel limite della durata massima (12 mesi per il contratto acausale, 36 per il contratto motivato). Nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro dovesse proseguire di fatto oltre detti limiti di durata, il contratto si considera a tempo indeterminato a partire dal primo giorno di superamento del limite. La stipulazione tra le medesime parti di più contratti a termine successivi è possibile a condizione che, tra la fine del precedente contratto e l’inizio del nuovo, trascorra un intervallo minimo di 20 giorni se il contratto scaduto aveva una durata superiore a sei mesi; 10 giorni per i contratti di durata pari o inferiore a sei mesi (vincoli riportati ai livelli pre Riforma del Lavoro Fornero dal Decreto Lavoro del governo Letta). Se l’intervallo tra un contratto e l’altro è inferiore al periodo minimo fissato dalla legge, il contratto successivo si considera a tempo indeterminato; se, invece, il contratto a termine successivo è stipulato senza soluzione di continuità rispetto al precedente, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato fin dalla data di stipulazione del primo contratto. Il rispetto dell’intervallo minimo è l’unica condizione che deve essere rispettata nel caso in cui tali contratti siano conclusi per lo svolgimento di mansioni diverse.

In generale, per il tempo determinato motivato, qualora il contratto successivo sia concluso per lo svolgimento di mansioni equivalenti a quelle previste dal precedente, la durata complessiva del rapporto non può superare i 36 mesi. Ai fini del computo dei 36 mesi, devono essere conteggiati tutti i periodi di lavoro effettivo svolti tra le parti, prescindendo, quindi, dai periodi di interruzione intercorsi tra la cessazione del precedente rapporto di lavoro e l’instaurazione di quello successivo. Il superamento del limite dei 36 mesi comporta la trasformazione dell’ultimo contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Allo scadere dei 36 mesi è possibile stipulare un ulteriore contratto a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti purché siano rispettate le seguenti condizioni: durata del contratto pari o inferiore a otto mesi o alla maggiore durata eventualmente fissata dal CCNL; stipula presso la DPL e con l’assistenza un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.

Recesso

Il lavoratore e il datore di lavoro possono, in ipotesi di particolare gravità, recedere dal contratto prima della scadenza del termine. Il recesso può comportare, però, degli obblighi risarcitori in capo ad entrambe le parti. È possibile che le parti decidano di recedere consensualmente dal contratto di lavoro: in questi casi il datore di lavoro è tenuto a comunicare la cessazione del rapporto al Centro per l’impiego competente entro 5 giorni dalla risoluzione del contratto di lavoro. Il lavoratore può recedere dal contratto di lavoro a termine, prima della scadenza e senza preavviso, solo in presenza di una giusta causa, vale a dire di un fatto imputabile alla condotta del datore che non consenta la prosecuzione del rapporto. Al lavoratore spetta il risarcimento del danno nella misura della retribuzione che avrebbe percepito se il contratto avesse avuto la durata previsto. Il datore di lavoro può recedere dal contratto di lavoro a termine, prima della scadenza e senza preavviso, in due ipotesi: giusta causa o impossibilità sopravvenuta. Per giusta causa si intende la presenza di un fatto imputabile alla condotta del lavoratore di gravità tale da rendere impossibile, neppure provvisoriamente, la prosecuzione del rapporto. Per impossibilità sopravvenuta si intende il verificasi di un evento che, pur se prevedibile, non era evitabile. Ad esempio, è stato considerato legittimo licenziamento per impossibilità sopravvenuta il caso di un direttore generale di una società, costituita tra quattro istituti bancari con fine di realizzare una gestione unificata delle partecipazioni, che è stato licenziato a fronte del fatto sopravvenuto (costituito dalla uscita della società del più importante degli istituti bancari) che aveva impedito la realizzazione del piano industriale (Cass. 3 agosto 2004, n. 14871).

Da sapere (Update)

Quando un lavoratore viene assunto con un contratto a termine la cui durata è superiore ai sei mesi, ha diritto ad una corsia preferenziale nei casi in cui l’azienda che lo ha assunto a tempo determinato abbia in programma di effettuare nuove assunzioni per mansioni equivalenti svolte dal lavoratore in questione, ma questa volta con contratto a tempo indeterminato. Requisiti: il diritto di precedenza del lavoratore a tempo determinato per nuove assunzioni (per attività equivalenti) a tempo indeterminato ha valore solo nell’arco dei successivi 12 mesi dalla conclusione del suo rapporto di lavoro a termine; il diritto è esercitabile anche se il termine minimo dei sei mesi è stato superato con più contratti a termine brevi, purché continuativi; il lavoratore deve esplicitare la volontà di godere di tale diritto entro sei mesi dalla fine del suo contratto; la norma vale in via generale, dal momento che è possibile che i contratti collettivi nazionale applichino diverse disposizioni (dunque è fondamentale essere informati sui diritti e doveri del proprio CCNL, che si evince dalla propria lettera d’assunzione. Da parte delle aziende, vige l’obbligo di informare i dipendenti a tempo determinato di questo diritto qualora pianificasse nuove assunzioni a tempo indeterminato.