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Apprendistato professionalizzante: contratto, obblighi e contributi per le imprese

di Giuseppina Pepoli

19 Dicembre 2008 09:00

Analisi dei requisiti, del contratto e dei chiarimenti normativi che consolidano ruolo e benefici economici per le imprese che prevedono l'apprendistato professionalizzante

Nel panorama del mercato del lavoro, recentemente si è registrato un intervento del Ministero volto a fornire maggiori lumi in relazione a un iter ormai tipico in azienda: l’apprendistato professionalizzante: si tratta di una delle tre facce dell’unico contratto di lavoro a contenuto formativo presente nel nostro ordinamento. Fatto salvo, ovviamente, il CFL nelle PA.

La sua funzione formativa è solo eventuale, non costituendo elemento caratterizzante, come deducibile dalla Circolare del 14.10.2004 n.40 del Ministero del Lavoro e dagli artt.54-59 del D. Lgs. n.276/2003, modificati dagli artt.12-14 del D. Lgs. n.251/2004 disciplinanti il nuovo contratto d’inserimento.

Nella Circolare n.40/04, infatti, il Ministro del Welfare ha precisato che, mentre l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione è pienamente operativo, per la figura in argomento è presupposta l’implementazione delle deleghe di cui alla L. n.53/03, da definirsi d’intesa con le parti sociali.

Difatti, mirando tale istituto a conferire piena valorizzazione all’autonomia collettiva mediante l’espresso rinvio alle parti sociali della possibilità di costruire un modello efficace e meno frammentario di quello finora esistente, si è voluto rimettere la determinazione dei profili formativi dell’apprendistato agli enti bilaterali od ai CCNL, territoriali o aziendali, stipulati tra associazioni di datori di lavoro e prestatori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

In tal modo si sono attuati i chiarimenti contenuti nella Sentenza della Corte Costituzionale n.50 del 2005, dove veniva specificata la competenza esclusivamente regionale dell’offerta formativa pubblica.

Rendendosi conto della profonda trasformazione che l’apprendistato ha subito dalla sua introduzione (avvenuta con la L. n.25 del 19.01.1955) il legislatore, a far data dal 25 giugno 2008, ha proceduto all’abrogazione dell’art.4, nonché dell’art.21 co.3 e 4 del D.P.R. n.1668/56 e dell’art.1 del D.M. 07.10.1999.

Data la loro obsolescenza, sono stati aboliti i seguenti obblighi:

  • subordinare l’assunzione dell’apprendista ad una visita medico-sanitaria;
  • fornire informazioni alla famiglia o a chi ne avesse la patria potestà;
  • comunicare ai centri per l’impiego competenti i nominativi degli apprendisti ai quali era stata conferita o meno la qualifica;
  • comunicare all’amministrazione competente i dati dell’apprendista e del suo tutore aziendale entro gg. 30 dall’assunzione.

Attraverso l’introduzione dell’art.49 co.5 del D. Lgs. n.276/03 in relazione alle disposizioni previste dalla contrattazione collettiva rispetto alla normativa regionale circa i profili formativi, quando di spettanza aziendale è stato attuato un intervenuto epocale che, mediante lo strumento del Decreto Legislativo n.112/2008, altro non ha fatto che dare continuità agli interventi in materia operati tramite la riformulazione dell’istituto attraverso la Legge Biagi (artt.47-53) ed il successivo D. Lgs. n.251/2004 (art.11).

Dopo aver analizzato requisiti di accesso per apprendisti e datori di lavoro “formatori”, entriamo nel vivo dei chiarimenti normativi sull’apprendistato professionalizzante che, in ogni caso avrà una durata massima di 6 anni, pur dovendo comunque tenere conto delle competenze tecniche di base e tecnico-professionali da conseguire e dell’eventuale qualifica professionale.

Alle Regioni, durante tale periodo, spetterà definire le competenze che il tutor – che potrebbe essere lo stesso datore di lavoro qualora possegga le competenze adeguate o anche un lavoratore di livello pari o superiore a quello cui sarà destinato l’apprendista – dovrà fare acquisire.

La qualifica professionale così conseguita costituirà un credito formativo ai sensi dell’art.5 D. Lgs. n.276/03. Al termine di detto contratto, l’apprendista sarà mantenuto in servizio a meno che non sia intervenuta disdetta ex art.2118 c. c., ossia non vi sia stato preavviso o non sia stato corrisposto equo indennizzo pari all’ammontare della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso pari a gg. 30.

Questo contratto vede l’applicazione delle disposizioni previste in materia previdenziale e assistenziale per il lavoratore, ma è conveniente anche per il datore di lavoro, al quale è garantito il pagamento di un contributo settimanale pari a 02,81 euro (con assicurazione I.N.A.I.L.) o 02,72 euro (senza assicurazione), mentre per quelli artigiani pari a 00,02 euro.

Fiscalmente, invece, i vantaggi sono rappresentati dalla deducibilità, dalla base imponibile su cui si calcola l’I.R.A.P., del costo dell’apprendista che, comunque, sarà escluso dal computo dei limiti numerici previsti dalla legge e dai contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative ed istituti.

A fronte di questi vantaggi non vanno sottovalutate le rigorose sanzioni che puniscono il mancato adempimento dell’obbligo formativo di cui si sia macchiato l’imprenditore, che dovrà in questo caso versare all’I.N.P.S. la maggiorazione del 100% della differenza tra contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello d’inquadramento contrattuale superiore che il lavoratore avrebbe raggiunto al termine del periodo d’apprendimento.

La sanzione così prevista, che esclude l’applicazione di qualsiasi altra derivante dall’omessa contribuzione, sarà irrogata ogni qualvolta vi sia una formazione inferiore a quella stabilita nel piano formativo o nella regolamentazione regionale, o l’assenza di tutor aziendale con competenze adeguate o in caso di mancanza di ogni altro elemento che provi una grave inadempienza del datore di lavoro nell’obbligo formativo.

In tutti questi casi, al datore di lavoro sarà inibita la possibilità di continuare il rapporto d’apprendistato con lo stesso soggetto e per l’acquisizione della stessa qualifica.

Il 10 novembre 2008 il Ministero – onde dissipare i numerosi dubbi interpretativi generati dalla normativa in argomento e sottoposti all’attenzione della Direzione Generale per l’attività ispettiva mediante interpello di cui all’art.9 del D. Lgs. n.124/04 – ha pubblicato la Circolare n. 27 nella quale approfondisce alcuni aspetti della tematica.

Già in passato aveva chiarito che, per agevolare la diffusione di tale tipologia contrattuale, era possibile applicarla anche al Terziario, specificando che nell’accordo per il rinnovo del CCNL del Terziario siglato il 17.07.08, le parti avevano concordato (art. 60, Dichiarazione a verbale n.1) l’istituzione di una Commissione Paritetica con il compito di applicare quanto demandato alla contrattazione collettiva dal co. 5 ter e, in attesa delle determinazioni di questa, che il CCNL confermava i profili definiti nel Protocollo ISFOL del 10.01.02.

Poiché, quindi, i principi del citato CCNL apparivano in linea con quelli espressi dal citato co. dell’art.49, era ammissibile rimettere alle parti sociali in argomento anche la facoltà di derogare ai principi e ai criteri direttivi di cui al co.5 dello stesso art.49.

Successivamente, in seguito all’interpello n.13/2007, il Ministero aveva assicurato l’ammissibilità di tali rapporti anche nel caso di figure addette alle produzioni in serie svolte su linea a catena o di montaggio semplice, previste dal CCNL dei metalmeccanici.
La voce retributiva, utile di cottimo, se sganciata da risultati produttivi, infatti, appariva legittima e coerente con il divieto normativo di retribuire l’apprendista con tariffe di cottimo.

Con la risposta n.14/07, poi, chiarì che, qualora fosse stata completata la procedura regolatoria del nuovo contratto da parte delle Regioni, si sarebbe dovuto applicare il nuovo regime, mentre per i contratti in esecuzione disciplinati dalle regole previdenti, doveva essere mantenuto lo stesso regime normativo.

Con l’ultimo intervento, sono stati infine chiariti ulteriori punti.

Durata del contratto: a seguito dell’art.49 co.3 del D. Lgs. n.276/03, come modificato dal D. L. n.112/08, non è più previsto il limite minimo di durata, mentre è confermato quello massimo di 6 anni.

Trasformazione anticipata in lavoro a tempo indeterminato: con mantenimento, per un anno dalla trasformazione, del regime contributivo previsto per l’apprendistato che, in applicazione dell’art.21 co.6 della L. n.56/87, può avvenire in qualsiasi momento.

Formazione esclusivamente aziendale: ai sensi dell’art.49 co.5 ter del D. Lgs. n.276/03 e alla stregua di quanto chiarito dalla Corte Costituzionale in Sent. n.50/05, può anche essere fisicamente svolta al di fuori dell’azienda a condizione che sia quest’ultima ad erogarla, direttamente o no, purché senza finanziamenti pubblici, fatti salvi eventuali finanziamenti volontari o agevolazioni erogate dalle Regioni.

Responsabilità del datore di lavoro: è riconosciuta efficacia all’art. 51 D. Lgs. n.276/03, qualora si verifichi l’inadempimento previsto dall’art.53 ad una carenza dell’offerta formativa pubblica, cui non potrà appellarsi il datore nel caso in cui opti per il “canale parallelo” di cui al co.5 ter.

Sottoinquadramento e profili retributivi: la possibilità di erogazione all’apprendista di una retribuzione inferiore rispetto al livello di sottoinquadramento a condizione che tale livello sia garantito almeno quale punto di arrivo della progressione retributiva, in virtù del principio di gradualità stabilito dall’art.13 co.1 della L.n.25/55, che garantisce la combinazione del sistema di percentualizzazione con il livello di cui all’art.53 co.1 del D. Lgs. n.276/03;

cumulabilità dei rapporti di apprendistato: applicabile ex art.8 L.n.25/55 sia al nuovo regime che nei rapporti tra vecchio e nuovo apprendistato, ma non fattibile nelle ipotesi di trasformazione di un rapporto di apprendistato sorto ex L. n.25/55 in uno professionalizzante.

Precisata la possibilità di procedere all’assunzione di un soggetto con tale contratto anche in caso di società consortili con scioglimento anticipato rispetto al termine dell’apprendistato in virtù della possibilità di fare completare l’interrotto percorso formativo presso un’altra delle società del medesimo consorzio, si ribadiscono le segg. abrogazioni: art.1 del D. M. 07.10.1999; artt.21 e 24, co.3 e 4, del “regolamento per l’esecuzione della disciplina legislativa sull’apprendistato” di cui al D.P.R. n.1668/56; art.4 della L. n.25/55.

Tale contratto prevede che il datore di lavoro debba versare un corrispettivo per l’attività svolta e garantire una formazione professionale, così come assicurato dall’art.47 co.1 D. Lgs. n.276/2003 (Legge Biagi) attraverso la realizzazione di tre diverse tipologie di contratto di apprendistato: proprio una di queste è stata oggetto del recente intervento ministeriale in ordine a chiarimenti relativi alle modifiche introdotte dall’art.23 del decreto Legge n.112/08 (convertito dalla L.133/08) in materia di apprendistato professionalizzante.

Esso consente all’apprendista di conseguire una qualificazione attraverso la formazione sul lavoro, con conseguente acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, i cui profili vengono demandati all’autonomia delle Regioni, salvo le ipotesi di formazione internamente all’azienda: in questo caso spetta alla contrattazione collettiva definirli, così come stabilito dall’art.23 del D. L. n.112/08.

Pur non essendo vietata l’adozione dello strumento di professionalizzazione a distanza mediante strumenti di e-learning, l’art.49 co.5 lett. a) del D. Lgs. n.276/03, fissa un minimo di 120 ore di formazione formale da svolgersi dentro l’azienda in base a quanto stabilito dal piano formativo individuale.

Seppure tale dicitura voglia intenderne lo svolgimento presso strutture accreditate o interne all’impresa – secondo percorsi strutturati di formazione on the job e in affiancamento, certificabili secondo modalità da definirsi con future normative regionali – non è rinvenibile alcun minimo di monte ore obbligatorio esterno.

Dal lato lavoratori, questa tipologia contrattuale è limitata a soli tra 18 e 29 anni, nonché i diciassettenni in possesso di qualifica professionale.

Alcuna limitazione, per contro, per quanto riguarda i settori economici. Solo un riferimento esplicito al numero complessivo di apprendisti, che potrà essere al massimo il 100% del personale qualificato già in servizio. Tuttavia, se non raggiunge il numero di tre, il datore di lavoro non potrà assumerne più di 3.

Nel caso dell’impresa artigiana, i limiti sono: massimo 9 nel caso di impresa che non lavora in serie; massimo 5 per quella in serie; massimo 16 per i settori artistici, tradizionali e abbigliamento su misura; massimo 5 per le imprese che operano nell’ambito delle costruzioni edili.

Tale contratto, che può essere sottoscritto da qualsiasi datore di lavoro, comprese le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali, dovrà contenere, pena di nullità: specificazione della prestazione alla quale l’apprendista sarà adibito; piano formativo individuale; durata; qualifica professionale che conseguirà.

Necessariamente dovrà possedere: forma scritta, divieto di stabilire il compenso a cottimo, possibilità di recesso del datore al termine del contratto, cumulabilità dei periodi di apprendistato a titolo di diritto-dovere con quelli a titolo professionalizzante, divieto del datore di recedere in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, allegazione del Piano formativo individuale.

Quest’ultimo dovrà indicare: bilancio delle competenze dell’apprendista, obiettivi del contratto, percorso di formazione formale e non, ripartizione dell’impegno tra formazione aziendale o extra-aziendale.
Qualora tale ultimo elemento sia riferito ad una lunga durata, dovrà essere accompagnato da un piano individuale di dettaglio elaborato con l’ausilio del tutor, nel quale le parti indicheranno con maggiore precisione il percorso formativo.

(Fine prima parte)