Datore di lavoro: Cassazione dice sì al controllo email

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 27 Febbraio 2012
Aggiornato 10 Luglio 2017 16:31

La Cassazione dà il via libera al controllo delle email da parte dei datori di lavoro per indagini retrospettive: se confermati i sospetti, si può procedere al licenziamento per giusta causa.

C’è un filo sottile che separa la liceità del controllo dei dipendenti da parte dell’azienda / datore di lavoro e diritto alla riservatezza della propria privacy sul lavoro.

Più volte si è ribadito che il controllo a distanza del lavoratore, della posta elettronica (email aziendale) e degli accessi  Internet (navigazione Web), non è consentito in base al Codice della Privacy e all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, mentre sono leciti i controlli difensivi sull’utilizzo degli strumenti informatici aziendali purché debitamente segnalati al dipendente.

In realtà, le eccezioni alla regola ci sono e le ha confermate la Cassazione: in pratica, se emergono fatti «tali da raccomandare l’avvio di una indagine retrospettiva» il datore di lavoro è autorizzato a verificare la corretta esecuzione della prestazione anche accedendo alle email inviate e ricevute dal dipendente.

Ma c’è di più: se la corrispondenza telematica conferma i sospetti del datore di lavoro, questa costituisce una giusta causa di licenziamento.

La sentenza della Cassazione

La precisazione è frutto dell’ultima sentenza sul tema della Corte di cassazione, la n. 2722/2012. Il caso riguardava un alto funzionario di banca che aveva presentato ricorso contro tale pratica, effettuata dal proprio datore scoprendo che il lavoratore aveva divulgato informazioni protette per email, che però è stato respinto confermando le sentenze di primo e secondo grado.

La “giusta causa” per il licenziamento si era configurata anche a fronte del vantaggio personale che il dipendente aveva tratto diffondendo le notizie riservate riguardo alcune operazioni finanziarie e violando l’obbligo di segretezza e correttezza (articolo 2104 del codice civile), nonché il regolamento interno e il codice deontologico.

Un comportamento ritenuto «particolarmente lesivo dell’elemento fiduciario». In più non era possibile attribuire all’impresa la violazione delle garanzie ai dipendenti imposte dello Statuto dei lavoratori, perché in questo caso l’attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali utilizzate dal lavoratore «prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della prestazione», me era «diretta ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati)» e «destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa immagine dell’istituto presso terzi».