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Proroga cedolare secca, ma senza affitti commerciali

di Anna Fabi

Pubblicato 1 Novembre 2017
Aggiornato 12 Settembre 2018 09:47

La Legge di Bilancio non contiene la cedolare secca su negozi e uffici chiesta da Confedilizia, che insiste sulla norma anche in chiave antievasione: proroga al 2019 aliquota ridotta canoni concordati.

Proroga della cedolare secca al 10% sugli affitti a canone concordato: è l’unica misura inserita in Legge di Bilancio 2018 sulla tassazione sostituiva applicata agli immobili abitativi, non ci sono ad esempio le estensioni, chieste ad esempio da Confedilizia, a negozi e uffici.

L’associazione delle imprese delle costruzioni continua a insistere perché, nel corso dell’iter parlamentare della manovra, vengano inserite nuove norme per potenziare la cedolare secca, e sottolinea come i risultati ottenuti dall’introduzione dell’imposta in termini di gettito fiscale siano positivi.

=> Cedolare Secca: cos’è e guida al calcolo

Ricordiamo molto brevemente che la cedolare secca prevede un’aliquota ordinaria del 21%. L’aliquota ridotta al 10% si applica dal 2014 esclusivamente ai canoni concordati. Era in scadenza a fine 2017, la manovra la proroga per un biennio, quindi al 2019, con una misura che è riduttiva rispetto alle attese, che vedevano una stabilizzazione della tassazione ridotta.

«La limitazione di questo regime fiscale a due anni rischia di impedirne l’effetto incentivante, soprattutto considerata la durata quinquennale dei contratti interessati», commenta Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, il quale insiste anche sull’allargamento della tassazione sostitutiva ad altre tipologie di immobili: «all’esame parlamentare, poi, è affidata l’elaborazione di una norma che, come richiesto dalla maggioranza e da gran parte dell’opposizione in sede di esame della nota di aggiornamento al Def (il documento di Economia e Finanza, ndr), introduca anche nel settore non abitativo una tassazione sostitutiva dei redditi da locazione».

=> Cedolare secca affitti brevi semplificata

Confedilizia nelle scorse settimane ha pubblicato una serie di dati che dimostrano come dalla sua introduzione (nel 2011), la cedolare secca sugli affitti abitativi abbia ridotto del -42% il tax gap del settore (ovvero, il rapporto fra gettito teorico ed effettivo) e la propensione all’inadempimento è a sua volta scesa del -40%. Il dato, sottolinea Spaziani Testa:

«Emerge dal Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, allegato alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza». Più nel dettaglio, «tra il 2010 ed il 2015 il tax gap è passato da 2,3 a 1,3 miliardi di euro» mentre la propensione all’evasione è scesa dal 25,3% al 15,3%. Il presidente di Confedilizia spiega che in cifre il recupero in termini di gettito fiscale è stato pari a 1 miliardo di euro, e che «negli ultimi anni questo è l’unico comparto nel quale la tax compliance, vale a dire l’adempimento spontaneo agli obblighi tributari da parte dei contribuenti, è cresciuta. Ed è, in dati assoluti, nettamente più elevata rispetto agli altri tributi considerati: quasi tripla rispetto all’IRPEF sui redditi di impresa e di lavoro autonomo, ma superiore anche a IRES e IVA».

Da qui, la richiesta di estendere la cedolare secca anche agli affitti non abitativi, a partire dai locali commerciali.