Stabilizzazione dei rapporti di collaborazione

di Giuseppina Pepoli

24 Ottobre 2008 09:00

Odissea infinita di una storia all'italiana: analisi dei requisiti normativi e delle procedure per la stabilizzazione dei contratti di collaborazione in azienda

Con la recente riforma attuata a seguito del provvedimento “Mille Proroghe”, è tornato alla ribalta un annoso problema che aveva assillato in passato, così come tutt’ora, il mondo del lavoro, il cui immediato destino sarà quello di esercitare la propria influenza anche nella sfera della piccola e media impresa. Faccio espresso riferimento alla fattispecie contrattuale dei co.co.co., anche nella forma “a progetto”.

In questo quadro, si è venuta sempre più delineando l’esigenza di stabilizzazione degli abusati e contestati rapporti di collaborazione, anche in conseguenza della recente Circolare n.8/2008 del Ministero del Lavoro, che ha ulteriormente evidenziato l’esigenza di ovviare al malcostume imperante e di indicare il corretto utilizzo di tale strumento giuslavoristico.

Il provvedimento “Mille Proroghe” già aveva prorogato – dal 30 aprile 2007 a 30 settembre 2008 – il giorno di scadenza fissato per sottoscrivere l’accordo sindacale volto alla trasformazione dei contratti di collaborazione in contratti di lavoro subordinato. Questo provvedimento appare tanto più interessante quanto più si ponderino l‘uso improprio dei rapporti di collaborazione, oppure la ricezione di provvedimenti susseguenti ispezioni lavoristiche o vertenze legali con i collaboratori. All’attuazione dell’indicata misura non appare tuttavia ostativo neppure il pregresso avvio di una procedura di trasformazione non giunta a conclusione, oppure solo parziale rispetto all’intero numero dei collaboratori impegnati in una specifica unità produttiva.

Già la Legge Finanziaria 2007 n.296 all’art. 1, co. 1202 – 1210 aveva introdotto forme di incentivazione per la trasformazione delle collaborazioni in rapporti di lavoro subordinato, prevedendo per i datori la sola corresponsione di un modestissimo contributo previdenziale a fronte della regolarizzazione di una situazione assai spinosa per gli stessi sia sotto il profilo delle implicazioni penali che, più latamente sanzionatorie, sotto il profilo amministrativo.

Questa misura, originariamente avente scadenza al termine dell’anno 2007, ha visto una proroga di tale termine al 28 febbraio 2008 a seguito dell’entrata in vigore della Legge n.31 del 28 febbraio 2008, pubblicata in G. U. n.51 del 29 febbraio 2008 che, all’art. 7 co. 2-bis, ha così espressamente disposto.

Le caratteristiche critiche che indurrebbero ad intravedere nell’apparente rapporto di collaborazione un effettivo lavoro dipendente e che consiglierebbero l’adozione della procedura della trasformazione, a mente della Circolare n.8/2008 del Ministero del Lavoro, sono le seguenti:

  1. mancata individuazione dell’ambito preciso di intervento del collaboratore; attività del collaboratore indirizzata non solo all’apporto autonomo in favore dell’impresa, ma anche ad un concreto contributo all’attività interna di essa;
  2. rigidità dell’orario di lavoro per carenza di autonomia gestionale;
  3. esecuzione del lavoro solo od anche mediante utilizzo di strumenti informatici, inibenti l’autodeterminazione del collaboratore;
  4. mancanza di decisionalità in capo al collaboratore in riferimento ad eventuali interruzioni della propria prestazione;
  5. attribuzione di fatto in capo al committente del potere direttivo e/o disciplinare nei confronti del collaboratore.

Resta il fatto, però, che non tutti rapporti possono essere oggetto di trasformazione, sussistendo, in primis, l’obbligo di sottoscrizione di un accordo sindacale aziendale od anche territoriale quando, come nell’ipotesi della Pmi, non sia presente presso l’azienda una rappresentanza sindacale. Tale accordo, avente la specifica finalità di definire i parametri dell’istituendo rapporto subordinato, tuttavia, prevede comunque l’esistenza del contratto di collaborazione nel momento della sottoscrizione.

Ciò comporta che, applicando pedissequamente quanto in Circolare dell’I.N.P.S. n.78/2007, tale sanatoria eserciterebbe i propri effetti anche sui rapporti già in essere sin dal lontano primo aprile 1996 per terminare con quelli che verranno in essere fino al 30 settembre 2008, a meno che tale trasformazione non sia già l’effetto di un pregresso provvedimento ispettivo o giudiziale.

Da quanto sopra, emerge che in presenza di titoli esecutivi non impugnati – quali ordinanze, ingiunzioni, cartelle esattoriali o sentenze passate in giudicato che effettivamente accertino la sussistenza di ipotizzati rapporti di lavoro subordinato – la stabilizzazione di cui in argomento non potrà essere attuata, mentre in tutti gli altri casi essa non troverà ostacolo alcuno importando, anzi, la sospensione degli effetti di tali provvedimenti fino al completo assolvimento degli obblighi connessi al versamento del contributo straordinario integrativo, quale costo dell’operazione.

Resta comunque il termine ultimo entro il quale potervi ricorrere ovvero il 30 settemebre 2008, salvo ulteriori proroghe, e l’obbligatorietà dell’estensione dello steso a tutti i lavoratori che trovansi nelle medesime condizioni.

Circa le modalità da osservare per la compilazione e sottoscrizione dell’accordo sindacale, soccorre la Circolare n.78 del 17 aprile 2007. Non v’è dubbio che il primo scoglio da affrontare e superare sia l’individuazione del corretto interlocutore, con il quale procedere alla sottoscrizione di accordi aziendali con RSA, RSU o all’adesione ad accordi territoriali tra le rappresentanze sindacali dei lavoratori e le Associazioni dei datori di lavoro. Non a caso la stessa I.N.P.S. ha sollecitato l’interazione con le organizzazioni sindacali aderenti alle Associazioni Nazionali comparativamente più rappresentative.

Tali accordi, la cui funzione è quella di promuovere la trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche nella modalità a progetto mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato, prevedono tuttavia alcuni elementi indefettibili, quali: i dati anagrafici e fiscali del datore di lavoro (o committente), il numero dei lavoratori da stabilizzare, l’importo del contributo previdenziale straordinario da corrispondersi, l’importo dello stesso da rateizzare in un massimo di 36 tranche il cui valore complessivo non dovrà mai superare i due terzi del totale, le coordinate del datore di lavoro, l’elenco degli allegati relativi ai nuovi contratti con i lavoratori indicanti nominativamente, i soggetti interessati alla regolarizzazione e la tipologia del contratto di lavoro subordinato ad esso relativa, i pregressi atti di conciliazione con gli stessi e la ricevuta di versamento del terzo da pagare.

La sottoscrizione dell’accordo, tuttavia, necessita di una fondamentale fase ulteriore, ovvero: la concretizzazione dello stesso mediante la stesura dell’atto di conciliazione individuale con i lavoratori interessati alla stabilizzazione, che dovrà avvenire, in conformità ai dettati ex artt. 410 e 411 c.p.c., con esplicito riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva e risarcitoria per il periodo anteriore.

L’evento la cui sede di esecuzione naturale sarà o una sede sindacale o la Commissione di Conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro, ha riflessi ed implicazioni di respiro assai più ampio di quello che immediatamente potrebbe percepirsi.

Difatti, la siglatura di tale atto di conciliazione implica la preclusione di ogni futuro atto di accertamento di natura fiscale e contributiva per i periodi pregressi interessati dalla trasformazione, aspetto che rende quanto mai appetibile l’adesione a tale tipo di regolarizzazione pur in presenza dell’obbligo in capo al datore di lavoro del versamento alla Gestione Separata di un contributo straordinario integrativo per ogni lavoratore interessato alla trasformazione pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto.

Ovviamente l’esenzione da detti controlli non esclude che il personale ispettivo possa comunque verificare questioni non attinenti alle problematiche relative alle tipologie contrattuali come, le violazioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. Se, a tutta prima, questo costo potrebbe apparire deterrente agli occhi di coloro che volessero apprestarsi ad attuare tale manovra, costoro pensino ai vantaggi che comunque gliene deriverebbero in conseguenza dell’estinzione dei reati previsti dalle leggi speciali, comunque afferenti a quella in argomento, ovvero in materia di versamenti di contributi o premi e di imposte dei redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia ed al versamento dei premi, ivi compresi quelli relativi agli infortuni sul lavoro ed alle malattie professionali.

Per i contenuti del contratto di lavoro subordinato che sarà destinato a esitare da tale procedura di stabilizzazione, soccorrono le meticolose precisazioni della Circolare n.8/2007 del Ministero del Lavoro che, ferma la libertà contrattuale delle parti coinvolte e stante l’intervento pari alla metà della contribuzione da versarsi per il pregresso a carico del Ministero in argomento, individua la figura per la quale optare in una di quelle da individuare fra le seguenti tipologie contrattuali:

  • contratti di lavoro a tempo pieno ed indeterminato;
  • contratti part – time a tempo indeterminato, con priorità per quelli che prevedono più di 25 ore settimanali e, subordinatamente, quelli che prevedono 12 ore settimanali minime lavorative;
  • contratti a tempo determinato solo se di durata non inferiore a 24 mesi; contratti di inserimento.

Una dovuta precisazione per i contratti a tempo determinato e per quelli di inserimento: mentre i primi, a parte il vincolo temporale cui sono assoggettati, dovranno comunque essere oggetto di attenta verifica sotto il profilo delle ragioni tecnico-organizzative e produttivo-sostitutive che ne hanno consigliato la scelta preferenzialmente ad ogni altra tipologia, i secondi, in un primo momento assolutamente vietati, successivamente sono stati ammessi alla sola condizione dell’effettiva sussistenza dei requisiti di legge.

Tassativo divieto, invece, per i contratti di apprendistato, vista la limitazione di durata ai mesi 18 (salvo rare eccezioni). Qualora il rapporto di lavoro cessi entro i primi due anni, il Ministero ha precisato che le agevolazioni concesse non vengono meno, a condizione che tale circostanza sia dovuta a licenziamento per giusta causa oppure a dimissioni del lavoratore. Ovviamente, i contratti a tempo indeterminato godono di tutti gli ulteriori benefici che l’ordinamento concede loro.