Redditometro: come difendersi da una presunzione semplice

di Anna Fabi

Pubblicato 7 Luglio 2015
Aggiornato 26 Settembre 2018 12:39

Il Redditometro oggi fa meno paura: ecco come smontare le presunzioni errate del Fisco e come sfruttare tutti i propri diritti di legge.

Le evoluzioni normative sull’accertamento da redditometro si sono orientate progressivamente dalla parte del contribuente, soprattutto attraverso il passaggio da “presunzione legale relativa” a “presunzione semplice“. In questo modo sono aumentate le possibilità difensive, poiché è ora possibile fornire “prove contrarie” e attaccare l’iter l’iter seguito dal Fisco: la presunzione semplice consente infatti al contribuente non solo di dimostrare che i motivi di accertamento non sussistono ma anche di contestarne la procedura (diritto di cui non si gode in caso di “presunzione legale relativa”) attraverso l’art. 7, co. 5, DLgs 546/1992.

Accertamenti per spese

Secondo quanto previsto dalla Sentenza della Cassazione 13 marzo 2014, n. 6395, il contribuente è tenuto a dimostrare, in caso di effettiva destinazione dei redditi esenti o sottoposti tassazione separata, solo ed esclusivamente l’esistenza dei redditi stessi. Quindi, in caso di spesa, basta dimostrare l’esistenza della somma e non come la disponibilità sul proprio conto si sia movimentata.

Accertamenti per redditi

In caso di accertamenti derivanti da valori Omi (Osservatorio del mercato immobiliare), da coefficienti di ricarica e da studi di settore – a meno che non siano individuati come gravi, precise e concordanti dal parte del giudice – l’Erario possiede solo degli indizi. L’art. 2729 del codice civile sottolinea infatti che “le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice”.Questo rappresenta uno dei principali strumenti di difesa del contribuente nei confronti del redditometro, oltre al fatto che, alla luce del già citato art. 7, co. 5, DLgs 546/1992 “le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente”. Stando all’art. 115, co. 2, c.p.c.:

 “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Il giudice può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza”.

Quanto citato, nel dare al giudice ampia discrezionalità, finisce per tutelare il contribuente, anche perché il primo può decidere di disapplicare il regolamento che fonda il redditometro, qualora il secondo fornisca le prove dell’inappropriatezza dell’applicazione. In caso contrario, si contravverrebbe l’Ordinanza della Corte Costituzionale n. 225/2005, secondo cui nel momento in cui si pone un confronto tra categorie, è condizione necessaria il criterio di omogeneità tra queste, così da poter procedere alla comparazione.

=> Accertamento da Redditometro: presunzione da dimostrare

Esempi pratici

Supponiamo che due individui acquistino la medesima automobile, ma che uno percorra 10.000 km l’anno e l’altro 100.000. Non è possibile paragonare i due soggetti basandosi sul valore della vettura, così come non è possibile ritenere che entrambi abbiano un maggior reddito di uguale entità, ricavato dall’automobile. In questo caso il giudice tributario deve dichiarare la non gravità, la mancata precisione e l’insussistenza della concordanza del regolamento che genera il redditometro se il contribuente dimostra che la percorrenza diversa modifica anche il conteggio imposto dal redditometro. Ancora: se un contribuente possiede un appartamento che secondo le tabelle del redditometro comporta spese di mantenimento pari a 150.000 euro, ma questi è in grado di dimostrare che le spese affrontate sono inferiori, il giudice dovrà disapplicare il regolamento e imputare al contribuente la spesa effettiva. Inoltre è possibile che il contribuente stesso faccia fronte alle spese attingendo dal proprio patrimonio e non dal reddito (il redditometro considera solo il secondo). Dunque, anche i redditi esenti o esclusi dal redditometro – come il patrimonio disponibile presso la propria banca – possono essere utili per archiviare una verifica da redditometro: in caso contrario sarebbe come dire che un contribuente che possiede 80.000 euro in banca non possa permettersi la stessa spesa di quello che ne dichiara altrettanti.