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PEC e sicurezza legale nelle comunicazioni telematiche: quadro normativo

di Mario Massarotti

Pubblicato 19 Gennaio 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

Nelle “misure di semplificazione per le famiglie e per le imprese” la legge n. 2 del 28 gennaio 2009 all’art. 16 disciplina l’obbligo per imprese e per professionisti iscritti all’Albo di acquisire la PEC, ossia l’indirizzo di posta elettronica certificato. Il provvedimento tutela gli utenti degli account di posta elettronica, soprattutto coloro che trasmettono e/o ricevono documentazione amministrativa. Essi infatti ottengono dal server il rilascio di due distinte ricevute, aventi valore legale, riguardanti i momenti fondamentali della trasmissione della mail: l’avvenuto invio e l’avvenuta ricezione del messaggio con allegata documentazione.

Le tappe legislative per imprese e professionisti è di seguito specificata:

– Dal 29/11/2008 tutte le nuove imprese che si costituiscono in forma societaria sono tenute a dotarsi di un proprio indirizzo di PEC e ad indicare lo stesso nella domanda di iscrizione al registro imprese (DL 185/08 art. 16);
– entro il 29/11/2011 tutte le imprese già  costituite in forma societaria alla data del 29/11/08, devono dotarsi di un’indirizzo di PEC, comunicandolo al registro delle imprese (DL 185/08 art. 16);
– entro il 29/11/2009 tutti i professionisti iscritti in albi ed elenchi dovranno munirsi di un indirizzo di PEC, comunicandolo al proprio ordine (DL 185/08 art. 16);
– qualsiasi cittadino che ne faccia richiesta può ottenere gratuitamente un indirizzo di PEC (“Pec al cittadino”, D.lgs. 185/08 art. 16 bis e DPCM 6/5/2009.).

Come funziona la PEC: il gestore/server di posta elettronica certificata del mittente rilascia a questi una ricevuta di accettazione che costituisce prova dell’invio del messaggio. Il gestore/server del destinatario invia al mittente, invece, la ricevuta dell’avvenuta consegna del messaggio nella casella di posta elettronica del destinatario stesso. Le ricevute sono dotate di indicazioni temporali precise e della “firma elettronica avanzata” generate automaticamente e con la funzione di garantire l’autenticità  del messaggio.

La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario. Una sottigliezza giuridica di cui prendere nota in base alle disposizioni del DPR 11 febbraio 2005, n. 68 è che “il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.

La PEC è analoga ad una raccomandata a/r cartacea e può essere utilizzata per le notifiche degli atti in modo equivalente alla notifica a mezzo posta. Ciò, ovviamente, a condizione che ambo le parti (mittente e destinatario) posseggano indirizzi certificati per legge e che l’invio avvenga attraverso di essi. Altro aspetto importante è che le operazioni svolte dal mittente permangono “registrate” nel server nell’arco di trenta mesi, percui le ricevute possono essere ottenute nuovamente entro tale scadenza, senza perdere di valore giuridico. A tale riguardo è utile consultare anche l’art. 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

Nell’ambito della certificazione telematica delle email, gli operatori sono tenuti più che mai a controllare che i propri sistemi informatici siano liberi o immuni da virus, perché nel caso in cui il gestore del mittente ne rilevi la presenza all’interno delle email, esso è tenuto a non accettarli, “informando tempestivamente il mittente dell’impossibilità  di dar corso alla trasmissione”. Quando, in ogni caso, il gestore non può recapitare il messaggio, il mittente riceve opportuna notifica entro 24 ore dall’invio. Anche in questo caso il gestore conserva i messaggi ricevuti per trenta mesi, secondo le prescrizioni di legge.