Diritto della Rete e approccio della Politica: Italia vs. USA

di Ferdinando Cermelli

Pubblicato 9 Marzo 2009
Aggiornato 27 Gennaio 2023 11:57

Dopo quasi vent’anni di consulenza IT alle spalle – programmazione, formazione, reti e sicurezza informatica, web application – mi sento di poter esprimere una valutazione/provocazione su legislatori italiani e tecnologia, e in particolare, su Internet, Social network, Blog e tutto ciò che concerne “la Rete”.

Le posizioni promosse sul Web da diversi onorevoli (Barbareschi, Carlucci, ecc.) in relazione alle proprie proposte di legge sui meccanismi di controllo da applicare a Internet – e più precisamente da far rispettare ai fornitori di servizi via Internet – non fanno che riscuotere sistematicamente aspre critiche, soprattutto sulla reale fattibilità  dell’applicazione delle norme proposte e sulla presunta incompetenza tecnologica dei proponenti.

Una diversa visione è invece quella che ci viene da Oltreoceano, e riportata nel corso degli incontri settimanali che si tengono a Milano, nel novero degli eventi promossi da MilanIn, business network attivissimo, che raccoglie professionisti di tutti i settori dell’area milanese.

Ad uno degli incontri, che aveva come tema la comunicazione digitale, Maria Grazia Mattei ha illustrato come la Rete stia diventando sempre più strumento di comunicazione tra politica e cittadini, citando l’esempio della campagna elettorale di Barack Obama – che ha visto tra i più stretti collaboratori del nuovo presidenteLawrence Lessig, fondatore di Creative Commons.

La quotidiana evidenza dell’atteggiamento nostrano è invece estremamente negativa: invece di sfruttare le opportunità  offerte dalla Rete si preferisce demonizzarne i pericoli, come se fosse una realtà  avulsa dalla vita di tutti i giorni, come se violenze e crimini senza la Rete non ci sarebbero.
Peggio ancora, si millanta una potenziale sicurezza con l’unica proposta di chiudere i servizi offerti, magari non direttamente, ma inserendo tali vincoli da rendere impensabile che un provider si assuma il rischio di una causa per cose di cui non ha la minima responsabilità .

Da un lato si pretende che le Pmi siano innovative e poi, laddove c’è inevitabilmente l’innovazione sono i legislatori i primi a chiudere ogni sbocco creativo o anche solo espressivo.

Ci sono contraddizioni che mi lasciano perplesso, ed è fin troppo evidente come le scelte tecnologiche siano frequentemente compiute con criteri che nulla hanno a che vedere con il buon senso o con la ricerca di soluzioni innovative.

Qualche esempio? Parliamo della Carta di Identità  Elettronica, la cui attuazione da una proroga ad una sperimentazione viene procrastinata e differita da anni e non certo a costo zero, o parliamo del flop della “carta regionale dei servizi” in Lombardia, o ancora del mitico portale Italia.it che si vocifera risorgerà  e c’è da tremare al solo pensiero, visto quanto è costato e con quali risultati.

Come non accorgersi che a fronte di statistiche ed analisi disastrose della nostra realtà  tecnologica – conseguenza di povertà  e arretratezza culturale – la reazione del mondo politico è di anacronistica chiusura?

Un aspetto preoccupante e più da “cittadino”: se devo basare la competenza dei nostri politici sulle proposte di legge avanzate in questi ultimi mesi (ma in realtà  da sempre) in campo informatico mi viene spontaneo chiedermi se lo stesso grado di conoscenza gli è proprio in settori della res pubblica più delicati, come per esempio la sanità , l’energia, i trasporti.

Speriamo bene…