IVA, Split Payment verso la proroga

di Barbara Weisz

9 Febbraio 2017 15:51

L'Italia chiede alla UE di prorogare lo split payment IVA fino al dicembre 2020 e di estenderlo a nuove operazioni: la lettera di Padoan a Bruxelles.

Proroga split payment IVA al 2020 ed estensione a più soggetti, rispetto alle PA attualmente previste: è la richiesta che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha inoltrato alla commissione UE per continuare ad utilizzare anche dopo il 2017 un regime, quello della scissione dei pagamenti, che «ha riscosso risultati molto soddisfacenti per le entrate erariali». La lettera che contiene la richiesta ufficiale è stata inviata il 7 febbraio, al vicepresidente Valdis Dombrovskis e al commissario Pierre Moscovici.

=> Split Payment IVA: come funziona

Lo split payment, o scissione dei pagamenti, riguarda l’IVA e prevede che il fornitore della pubblica amministrazione emetta fattura senza incassare l’IVA, che viene versata al fisco direttamente dalla pubblica amministrazione. Introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, è applicabile solo fino al 2017, in base alla specifica autorizzazione UE (il regolamento comunitario sulle operazioni IVA non prevede questa opzione, Bruxelles ha comunque autorizzato l’Italia ad utilizzare lo split payment fino al 31 dicembre 2017). Ora il Governo chiede di continuare ad usarlo fino al 31 dicembre 2020, con una proroga quindi di tre anni. E chiede di poter estendere il meccanismo anche a entità e transazioni inizialmente non incluse in questo regime.

Padoan sottolinea che lo split payment ha prodotto risultati soddisfacenti per l’erario, «senza peraltro effetti indesiderati dal lato dei fornitori grazie al funzionamento efficiente dei rimborsi IVA». In realtà, il meccanismo dello split payment non è mai stato particolarmente apprezzato dalle imprese, PMI in testa, che anzi avevano promosso ricorso presso la commissione UE, lamentando un danno alla liquidità (le imprese non possono più utilizzare l’IVA incassata con quella che devono versare ai fornitori).

=> Split payment: il ricorso UE delle PMI

Per quanto riguarda gli enti interessati, l’attuale normativa include lo Stato e altri soggetti qualificabili come organi dello Stato (istituzioni scolastiche, istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica); enti pubblici territoriali (Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane) e consorzi tra essi costituiti; Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (C.C.I.A.A.); Università; Aziende Sanitarie Locali; enti ospedalieri, esclusi quelli ecclesiastici che esercitano assistenza ospedaliera, che sono soggetti privati; enti pubblici di ricovero e cura con prevalente carattere scientifico (I.R.C.C.S.); enti pubblici di assistenza e beneficenza, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza (IPAB) e Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona (ASP); enti pubblici di previdenza (INPS, Fondi pubblici di previdenza). Sono invece esclusi: enti previdenziali privati o privatizzati; aziende speciali (incluse quelle delle Camere di Commercio); enti pubblici economici che operano con organizzazione imprenditoriale di stampo provatistico; Ordini professionali; Enti ed Istituti di ricerca; Agenzie fiscali; Autorità amministrative indipendenti (AGCOM e via dicendo); Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA); Automobile club provinciali; Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN); Agenzia per L’Italia Digitale (AgID); Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL); Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO).

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