Detraibilità IVA per rivalsa: i nuovi requisiti

di Francesca Pietroforte

12 Luglio 2012 09:00

Il DL Liberalizzazioni ha rimosso il divieto alla detraibilità IVA per rivalsa: i nuovi requisiti per esercitare il diritto di credito sulla maggiore imposta.

Con la legge n. 27 del 24 marzo 2012, derivante dal decreto liberalizzazioni, il legislatore ha rimosso il divieto alla detraibilità sulla maggiore imposta IVA rilevata a seguito di accertamento fiscale o rettifica, riguardante cessionari di beni o committenti di servizi: la detraibilità IVA per rivalsa deve però seguire il pagamento integrale di una maggiore imposta, a cui vanno aggiunti interessi e sanzioni.

Il diritto di rivalsa

La rivalsa è disciplinata dall’art. 18 del D.P.R. 633/1972 e costituisce un diritto di credito in capo al cedente/prestatore rispetto al cessionario/committente: il soggetto passivo d’imposta può addebitare l’IVA ai propri clienti attraverso apposita voce da aggiungere al corrispettivo, prima di versarla all’Erario. Può essere esercitata in caso di:

  • maggiore imposta versata per operazioni fatturate erroneamente con aliquota inferiore a quella dovuta;
  • emissione di fattura esente IVA che in realtà non aveva i requisiti per esserlo.

Se accertato l’errore il cliente (a cui va in carico il pagamento dell’imposta) provvede a sanare entro 30 giorni dalla registrazione, l’Erario non produce azione di accertamento riguardante il committente/prestatore (ovvero il soggetto che riceve l’IVA dal cliente prima di girarla all’Erario).

Detraibilità IVA per rivalsa

Il DL Liberalizzazioni ha ora ottemperato alle direttive UE – Secondo cui il diritto alla detraibilità IVA è inderogabile – stabilendo che la rivalsa può essere esercitata prima del termine massimo previsto per la presentazione della dichiarazione riguardante il secondo anno successivo, rispetto alla data in cui è stato effettuato il pagamento.

In altre parole, in caso di pagamento di maggiore IVA accertata, il cedente/prestatore può avvalersi del diritto di rivalsa verso i propri clienti, che a loro volta devono detrarre l’IVA sulle nuove fatture ricevute entro il termine previsto.

In questo modo si è superato il co. 7 dell’art. 60 del D.P.R 633/1972 che impediva la rivalsa della maggiore IVA qualora fosse collegata a una procedura di accertamento fiscale, istituendo in questo modo una sanzione indiretta nei confronti di chi avesse applicato erroneamente l’imposta.

L’orientamento punitivo era stato oggetto di una procedura di infrazione (n. 2011/4081) da parte dell’Unione Europea, perché in distonia rispetto al diritto comunitario, che prevede il principio generale della neutralità dell’IVA, poiché la maggiore imposta accertata veniva tradotta in una vera e propria sanzione.

Requisiti

Il DL Liberalizzazioni ha introdotto dunque una serie di condizioni necessarie ai fini della rivalsa dell’imposta:

  • è necessario pagare il totale ammontare dell’imposta, più interessi e sanzioni;
  • se il pagamento è stato parziale non è possibile addebitare l’imposta accertata al cliente finché non viene pagato l’intero debito tributario;
  • il cessionario/committente deve verificare che il cedente abbia versato l’IVA nella sua interezza, compresi oneri accessori riferiti alle operazioni oggetto di accertamento
  • non è sufficiente esercitare il diritto di rivalsa solo perché si è ottenuta la fattura;
  • il cessionario/committente può detrarre l’IVA addebitata attraverso rivalsa, entro la presentazione della dichiarazione annuale, il secondo anno successivo al pagamento della maggiore imposta addebitata in rivalsa, e tenendo presenti le condizioni che insistevano al momento dell’operazione originaria.