Redditometro senza contraddittorio retroattivo

di Anna Fabi

Pubblicato 3 Giugno 2016
Aggiornato 26 Settembre 2018 12:38

Non è possibile applicare con retroattività l’obbligo di contraddittorio negli accertamenti da redditometro: norma e sentenze.

L’obbligo di contraddittorio non può essere applicato in via retroattiva. Il contribuente in grado di produrre idonea argomentazione può dimostrare che il maggior reddito determinabile o determinato sinteticamente è rappresentato da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte. Lo ha confermato la Cassazione con ordinanza n. 3885 del 26 febbraio 2016.

La norma alla base del caso è il Dl 78/2010, con cui si è stabilito che le modifiche apportate al dPR 600/1973 (art. 38) hanno conseguenze per gli accertamenti sui redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto nel momento in cui è entrato in vigore il decreto (periodi d’imposta successivi al 2009). Il decreto disciplina, fra l’altro, il metodo di accertamento sintetico del reddito e nel testo vigente ratione temporis:

  • da un lato prevede la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi);
  • dall’altro contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle – di solito elevate – sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente.

Resta salva, in ogni caso, la prova contraria consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

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Con recente pronuncia (Cass. n. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass. n. 25104/2014), gli ermellini hanno chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente:

«A norma dell’art. 38, comma sesto d.P.R. n. 600 del 1973, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte) e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che tali ulteriori redditi siano stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere)».