Le emozioni sul lavoro: limite o risorsa?

di Anna Fabi

Pubblicato 6 Giugno 2014
Aggiornato 30 Settembre 2014 08:45

Negli ambienti di lavoro, le emozioni devono essere riconosciute e ascoltate con precise strategie, per trasformarsi da potenziali criticità in preziose alleate nella gestione quotidiana delle piccole e grandi sfide aziendali: ecco i consigli di Annalisa Valsasina (Matrioska Group).

Parlare di organigrammi, strutture e ruoli in azienda non sempre consente certo di cogliere il cuore pulsante delle persone che qui vi operano, fatto di emozioni e aspettative: sebbene non se ne parli, infatti, le aziende sono colme di emozioni: paura, rabbia, entusiasmo, insoddisfazione e tante altre ancora.

E’ il lato umano delle aziende, che non può essere del tutto controllato ma che richiede attenzione e cura, soprattutto per ridurre quella quota di sofferenza che spesso è presente al lavoro.

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Da criticità a risorsa

Quanti si dicono soddisfatti della propria vita professionale e quanti raccontano malumori, dissapori, conflitti o insoddisfazioni? A partire dalla propria esperienza, ognuno può testimoniare quanto il lavoro si possa connotare in termini emotivi, diventando un fattore limitante quando non gestito o al contrario uno stimolo attivo e positivo se compreso. Ecco qualche esempio:

  • Paura. Quando non c’è chiarezza sul futuro, personale o dell’azienda, quando i cambiamenti sono continui e poco chiari, quando ci si confronta con capi e superiori, quando si deve parlare in pubblico, quando si commettono errori, quando ci si sente inadeguati.
  • Rabbia. Quando si percepiscono ingiustizie e torti, quando si viene trattati in modo non congruente alle aspettative, quando si viene incolpati per attività o risultati non adeguati, quando non si condividono le decisioni aziendali.
  • Entusiasmo. Quando si contribuisce in modo costruttivo, si ottengono gratificazioni e successi, ci si sente parte di una squadra, apprezzati e importanti, quando si raggiunge un obiettivo, quando si riesce a conciliare bene lavoro e vita privata.
  • Tristezza. Quando una rapporto professionale fallisce, quando non ci si ente ascoltati, valorizzati o adeguati, quando si vivono rapporti conflittuali con capi e colleghi, quando un’azienda chiude o sposa principi non coindivisi.

Change management

Spesso i processi di change management falliscono proprio perché sordi all’ascolto e gestione della componente umana, che nella sua intensità può frenare i migliori sistemi aziendali. Se si riesce a guardare alle emozioni individuali e aziendali come ad una risorsa – in quanto fonte di comprensione di ciò che sta succedendo alle persone e al gruppo –  la prospettiva cambia sostanzialmente.

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La capacità di dialogare con le emozioni rappresenta un valore conoscitivo fondamentale perché ciò che proviamo non ci informa su ciò che vediamo bensì sul modo in cui guardiamo le cose. Se una persona o un gruppo ha paura è perché sta percependo una minaccia (reale o presunta); se prova rabbia è perché vede un ostacolo da superare o una situazione insoddisfacente da modificare; se sente tristezza è perché vive la realtà come una perdita; se prova entusiasmo è perché il suo rapporto con l’ambiente è in linea con i suoi desideri e aspettative. La capacità di riconoscere i vissuti emotivi e attribuirvi un senso aiuta dunque a comprendere le situazioni, superare ostacoli liberando energia positiva nel proprio ambiente di lavoro.

Cosa trasformare le emozioni in alleate?

Il primo passo è riconoscere che in ogni contesto le emozioni sono in gioco e lo saranno ancora di più in situazioni di cambiamento, evoluzione, sfida. Posto questo assunto, diventa strategico per le aziende sviluppare una cultura emozionale nelle persone, in particolare in ambito HR, per meglio gestire una componente cruciale troppo spesso lasciata al “buon senso” dei singoli.in pratica, vuol dire potenziare le capacità di ascolto e comprensione in rapporto alle circostanze aziendali d i collaboratori, colleghi, clienti e parner dell’azienda.

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Questa alfabetizzazione emozionale può prevedere laboratori in aula e percorsi di counseling individuali e di gruppo, che consentano alle persone di parlarsi e ascoltarsi e alle aziende di leggere le emozioni e trasformarle in ottica evolutiva, soprattutto in situazioni “critiche” (ristrutturazioni, congedi di maternità e rientri, cambi mansione, fusioni/integrazioni, ecc.), eliminando gli ostacoli o potenziando le best practice quando efficaci e funzionali.

I vantaggi saranno da un lato un miglioramento delle relazioni tra le persone, un maggior accesso, del singolo e del gruppo, alle proprie risorse per affrontare i problemi, un incremento del livello di benessere complessivo e di committment verso un’organizzazione “umanizzata”. Siete pronti a questo cambiamento?

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*Articolo di Annalisa Valsasina, Consulente HR, psicologa e psicoterapeuta, co-fondatrice di Matrioska Group