Italia declassata: giù rating, manovra bocciata

di Teresa Danti

20 Settembre 2011 12:00

L'agenzia di rating S&P declassa l'Italia (da A+ ad A) bocciando la manovra finanziaria e la fragilità politica italiana.

Scarse prospettive di crescita e governo inefficace: con queste motivazioni Standard & Poor’s ha tagliato a sorpresa il rating dell’Italia, con un downgrade da A+ ad A. Un ribasso di un notch, come si dice in gergo, con outlook che resta negativo nonostante il varo di una manovra finanziaria 2011 volta proprio a ridurre il debito pubblico e sanare i conti dello Stato.

Dalle motivazioni di S&P emerge invece la bocciatura della nostra manovra finanziaria 2011: le misure «riusciranno probabilmente a fare ben poco per rilanciare le performance di crescita dell’Italia».

«Una crescita economica più debole» come quella che si prospetta, spiega S&P «limiterà l’efficacia del programma di consolidamento del bilancio in Italia».

Standard & Poor’s ha rivisto anche le stime sul nostro debito pubblico, prevedendo un picco a un livello più elevato. Ed ha espresso una nota critica nei confronti della nostra classe politica: «la fragile coalizione di governo e le differenze politiche all’interno del parlamento continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne».

Secondo il Governo, «le valutazioni di Standard & Poor’s sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche. Sempre secondo il Governo, »l’Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013» e le misure a favore della crescita sarebbero in via di definizione, con «frutti si vedranno nel breve-medio periodo».

Il tema della bassa crescita è stato sollevato a più riprese, così come la mancanza di misure di stimolo. Questa, ad esempio, è stata ed è una delle principali critiche alla manovra finanziaria formulate da Confindustria.

A questo proposito, al ministero dell’Economia si riuniscono oggi 20 settembre, per la seconda volta in pochi giorni, con l’esecutivo proprio i rappresentanti di Confindustria e dell’ABI nell’ambito di un tavolo sulla crescita che dovrà servire a mettere a punto misure di stimolo all’economia. La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha già annunciato che chiederà «un grande progetto per la crescita». Al vertice partecipa anche il numero due di Bankitalia, Vincenzo Visco.

Il mercato, bisogna dirlo, non sta reagendo negativamente: a poche ore dall’annuncio del downgrade gli indici di Piazza Affari hanno continuavano a viaggiare in territorio positivo, sulla scia dell’Europa.

Resta il fatto che la decisione di S&P è giunta inattesa; quel che invece tutti si aspettavano era il giudizio di un’altra agenzia, Moody’s, che a giugno 2011 ha messo sotto osservazione il debito dell’Italia e, passati i tre mesi che in genere servono ad elaborare il nuovo report, non ha ancora emesso il suo verdetto. E sono molti gli osservatori che si aspettano una revisione al ribasso, forse addirittura di due gradini.

Non è la prima volta, negli ultimi mesi, che Standard & Poor’s prende in contropiede uno stato sovrano. E’ successo, nel mese di agosto per agli Stati Uniti che, per la prima volta nella loro storia, si sono visti togliere la tripla A. In quel caso i mercati reagirono eccome (negativamente), tanto che il presidente Barack Obama intervenne personalmente a rassicurarli. E attaccò l’agenzia, spiegando che la decisione era frutto di un errore di calcolo, di ben 2mila miliardi di dollari, che il Tesoro americano aveva rilevato e che l’agenzia aveva in effetti corretto. Senza però cambiare decisione sul rating. Ma questa è un’altra storia.