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Bce, il piano anti-spread e gli effetti sulle PMI

di Barbara Weisz

7 Settembre 2012 15:00

La Bce annuncia il via libera al possibile acquisto illimitato di titoli di stato da uno a tre anni dei Paesi in difficoltà. Per le PMI italiane, la prospettiva di un effetto positivo sul fronte dei tassi sui prestiti: le cifre.

La Bce diretta da Mario Draghi ha appena approvato un Piano salva spread fondamentale per la tenuta e il rafforzamento dell’Eurozona e dei conti pubblici dei Paesi Membri, ma che può avere anche ricadute positive importanti sul sistema delle imprese, PMI in testa.

È stata la stessa Banca Centrale Europea, all’inizio di questo mese di settembre, a diffondere i dati relativi all’effetto spread sul costo dei prestiti nei diversi Paesi europei: le famiglie, e le imprese, italiane e spagnole pagano tassi sui prestiti più alti di oltre due punti percentuali rispetto a quelle tedesche o francesi.

Raffreddare la corsa dello spread significa ripristinare un clima virtuoso fra economia reale e finanza con effetti benefici, per esempio, sull’accesso al credito delle aziende. Ma vediamo in cosa consiste l’OMT, Outright Monetary Transactions, come si chiama il Piano della Bce per acquistare titoli di Stato.

Il piano Bce

La mossa fondamentale è la seguente: la Bce può acquistare sul mercato secondario, senza limiti, bond con scadenze da uno a tre anni dei Paesi in difficoltà. Questi ultimi devono aver richiesto l’aiuto del Fondo Salva Stati, e la contropartita che viene loro richiesta è un piano di risanamento macroeconomico.

La decisione è stata presa dal Consiglio Direttivo della Bce con un voto contrario, quello del banchiere centrale tedesco Jens Weidmann.

Il board di Francoforte non ha tagliato i tassi, che quindi restano agli attuali livelli: lo 0,75% per le operazioni di rifinanziamento principali, l’1,5% per quelle di rifinanziamento marginale, lo 0% per i depositi presso la Bce. La Bce dunque non ha ridotto il costo del denaro, ma in realtà ha fatto di più, prendendo quella che si potrebbe definire una decisione strutturale con l’obiettivo di «salvaguardare un’adeguata trasmissione della politica monetaria».

L’acquisto illimitato di titoli di Stato fino a tre anni è una vera e propria “arma” contro la speculazione: in parole molto semplici, chi specula contro l’Eurozona d’ora in poi deve mettere in conto che, senza preavviso e senza un tetto agli acquisti, sul mercato può intervenire direttamente la Banca Centrale.

Tutto questo serve a ridurre, o addirittura a vanificare, il rischio che tutte le decisioni di politica monetaria, piuttosto che i piani macroeconomici europei, vengano attaccati dalla speculazione finanziaria.

Il piano della Bce è articolato e prevede una serie di dettagli tecnici importanti: Francoforte non sarà un creditore privilegiato, ma un normale compratore di bond (questo ha un effetto positivo sui prezzi). E’ stata sospesa la soglia minima di rating per i titoli che i governi dei Paesi oggetto di acquisti OMT o di un piano di aiuti Ue-FMI forniscono alla stessa Bce come garanzia (qui si mitiga l’effetto rappresentato dai giudizi delle agenzie di rating). I Paesi che chiedono aiuto devono rispettare una serie di impegni stringenti sul fronte del risanamento, da definire anche con il Fondo Monetario Internazionale.

Il ruolo della Germania

Come detto, dunque, un programma articolato, che mira a stabilizzare l’Eurozona da troppo tempo al centro di turbolenze che minacciano la tenuta della moneta unica, salvaguardando al contempo quell’esigenza di rigore a cui tiene particolarmente la Germania.

Se il banchiere tedesco è stato l’unico protagonista di un voto contrario al piano Bce, le reazioni “politiche” che arrivano da Berlino sono decisamente improntate a una maggior prudenza. la cancelliera Angela Merkel ha a più riprese sottolineato il rispetto dell’indipendenza della Bce.

Fondamentali, per una completa definizione dei piani di politica economica europea, saranno come noto i prossimi giorni. Il 12 settembre, è atteso il verdetto della Corte Costituzionale tedesche sul via libera al fondo salva stati, l’Esm, destinato a prendere definitivamente il posto dell’attuale Efsf, e che in base agli accordi presi al vertice europeo della fine del giugno scorso avrà a sua volta poteri particolari nell’acquisto di titoli di stato (anche sul mercato primario, ovvero in sede di emissione): è il cosiddetto scudo anti-spread.

Reazione sui mercati

Il piano Bce è stato ben accolto dai mercati: le borse europee festeggiano con robusti rialzi, e si raffreddano le tensioni sul fronte dello spread, il differenziale con i titoli decennali tedeschi, che scende.

Effetti sulle PMI

Ed è proprio l’effetto spread quello che interessa maggiormente le PMI. Le piccole e medie imprese italiane sono fra quelle che maggiormente stanno pagando gli effetti di questa prolungata crisi del debito.

Nel luglio scorso, i finanziamenti erogati in Germania per importi inferiori al milione di euro e con durata compresa fra uno e cinque anni (tipologia di prestito tipica delle PMI), hanno registrato un tasso medio del 4,04%. Lo stesso tasso per le PMI italiane era al 6,24%: oltre due punti percentuali. Significa che, sui prestiti alle PMI, c’è uno spread fra Italia e Germania superiore ai 200 punti base.

Tutto questo a causa proprio del cattivo funzionamento di quella “cinghia di trasmissione” della politica monetaria che il piano della Bce si propone di rimettere in sesto.

Se il meccanismo riuscisse a tornare virtuoso, le PMI italiane recupererebbero quei 200 punti di spread che ora rappresentano, senz’altro, oltre che un onere finanziario spesso difficile da sostenere, un indubbio svantaggio competitivo.