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Lavoro e crisi: il monito di Napolitano

di Barbara Weisz

Pubblicato 11 Aprile 2012
Aggiornato 14 Aprile 2014 16:43

Il presidente si augura che le tensioni su mercati e spread rientrino presto, ma insiste sulla crescita e su una buona riforma del lavoro che aiuti l'occupazione: il monito di Napolitano, la situazione dei mercati, l'asta dei Bot, e il dibattito sul lavoro.

Preoccupazione per il «ritorno del clima invernale sui mercati», speranza che «possa essere presto superato», obiettivo raggiungibile attraverso una «molteplicità di azioni» che puntino effettivamente alla crescita, obiettivo al quale devono concorrere imprese e istituzioni.

Il monito è del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in occasione della presentazione del progetto “Energie per il sociale” propone un ragionamento che affronta i temi più scottanti del momento: il ritorno di un rischio contagio della crisi finanziaria, la necessità di puntare sulla crescita, le riforme necessarie per far ripartire il sistema Italia, a partire dalla riforma del lavoro, che deve creare occupazione, soprattutto per i giovani, ma anche i conti pubblici.

 I mercati

«Siamo sempre molto preoccupati per il quadro internazionale ed europeo in cui si collocano gli andamenti della nostra economia» avverte Napolitano, parlando poi esplicitamente di «un breve ritorno di clima piuttosto invernale anche sui mercati, che speriamo possa essere rapidamente superato».

Probabilmente il riferimento è a quanto succede negli ultimi giorni sui mercati finanziari: sull’onda della crisi spagnola la speculazione è tornata a colpire pesantemente anche (e forse soprattutto) l’Italia, con un riacutizzarsi delle tensioni sullo spread, il differenziale fra titoli di stato italiani (Btp decennali) e il Bund tedesco, che il 10 aprile è salito sopra i 400 punti.

Senza entrare nei dettagli dell’andamento, parecchio altalenante, dei mercati azionari, le tensioni sullo spread si riflettono sui rendimenti dei titoli di stato in asta con il Tesoro che ha piazzato Bot a 3 e a 12 mesi per 11 miliardi, registrando un successo sul fronte della domanda (richieste per 17,5 miliardi) ma non su quello dei rendimenti, che sono tornati a salire.

Il titolo a 12 mesi è salito al 2,84%, praticamente un raddoppio dall’1,492% di marzo e sopra i livelli del gennaio scorso, azzerando quindi i progressi fatti da inizio anno.

Il trimestrale è stato collocato all’1,25%, con un aumento di 76 punti base dallo 0,492% del mese scorso.

La crescita

I mercati dunque sono nuovamente in preda a tensioni che si riflettono negativamente sull’andamento dei titoli di stato, fotografando un rinnovato timore del rischio Italia. Si tratta probabilmente di un’ondata speculativa che prende spunto dalle difficoltà dell’economia spagnola per attaccare l’Italia (il Paese più debole fra quelli forti, fondamentali per l’equilibrio europeo).

Ma resta il fatto che per uscire definitivamente dalla crisi, bisogna puntare sulla crescita. È questo un punto su cui Napolitano insiste: «non basta invocare la crescita», magari in termini «un po’ fastidiosi e polemici», in una sorta di dialogo fra sordi, ma bisogna perseguirla nei fatti attraverso «una molteplicità di azioni» che passano attraverso «impegni di imprese e iniziative pubbliche».

Dunque, il Governo, il Parlamento, e le istituzioni tutte devono svolgere il loro ruolo nel contrastare la crisi e promuovere la crescita, ma c’è un esplicito riferimento anche al ruolo che devono avere le imprese. La crescita, insomma, è un obiettivo concreto, e «non c’è crescita che possa reggere se non è competitiva» e se non c’è innovazione.

Napolitano sottolinea come l’innovazione sia per esempio fondamentale in un settore strategico come quello energetico. Ma il suo sguardo è più ampio, i paradigmi di innovazione e competitività vanno coniugati nel quadro delle condizioni imposte dal dimensione globale del mercato.

Disagio sociale e occupazione

L’Italia, oltre che della continua opera di risanamento delle finanze pubbliche, deve rilanciare la «crescita produttiva e occupazionale». E c’è un «urgente bisogno di dare maggiore attenzione al disagio sociale». Ci sono il disagio delle famiglie, l’aggravarsi di fenomeni di povertà o di rischio povertà. Abbiamo «una crescita molto seria di disoccupazione, soprattutto di disoccupazione e di inoccupazione giovanile».

E qui il presidente si collega alla necessità di tenere conto di tutto ciò in sede di dibattito parlamentare sulla riforma del lavoro. Quello di cui c’è bisogno, secondo il Quirinale, è «un mercato del lavoro più trasparente, meglio regolato, più efficiente», ma che crei anche «le condizioni per nuova occupazione soprattutto tra i giovani».

Napolitano non entra nel merito dei singoli provvedimenti relativi alla riforma del lavoro, limitandosi appunto a insistere da una parte della necessità di un mercato più efficiente, dall’altra su quella di creare occupazione e di pensare ai giovani.

Riforma del lavoro

Intanto la riforma del mercato del lavoro ha iniziato il suo iter parlamentare, in Commissione al Senato. È previsto che in questa sede vengano ascoltate le parti sociali. Le quali, nel frattempo alimentano il dibattito: resta calda la questione dell’articolo 18, la Cgil protesta anche per un arretramento sui temi della precarietà e delle forme d’ingresso, mentre restando sul fronte sindacale la Cisl sembra più soddisfatta della riforma così come formulata nel disegno di legge.

Le imprese tentano invece di raggiungere una posizione unitaria attraverso un tavolo convocato da Confindustria (con Rete Imprese Italia, Abi, Ania e Alleanza Cooperative).

Ma la strada verso una posizione unica del mondo delle imprese al momento sembra in salita, con divergenze fra le PMI e Confindustria, sottolineate dal presidente di Rete Imprese Italia Marco Venturi: oltre al causalone per i contratti a termine, che scompare solo per un primo contratto che duri al massimo sei mesi, ci sono «peggioramenti inattesi e pesanti per le imprese del commercio, terziario, dell’artigianato e del turismo, che prevedono aggravi di costi e rigidità nella gestione delle flessibilità in entrata».

Quanto alla posizione del Governo, il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha dichiarato disponibilità a «fare cambiamenti per migliorare complessivamente la riforma ma non per farla arretrare».

Sull’articolo 18 Fornero ritiene che il compromesso raggiunto non abbia saturato l’impianto, mentre sembra maggiormente disposta a discutere sulla flessibilità in entrata: «abbiamo esaminato varie forme di contratto per evitare gli abusi. Se abbiamo commesso qualche interpretazione poco corretta, siamo disponibili a riconoscerlo. Se qualcuno indica altre strade per combattere gli abusi ci va benissimo».