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Taglio rating S&P: rischi per l’accesso al credito delle imprese

di Barbara Weisz

Pubblicato 16 Gennaio 2012
Aggiornato 17:10

Taglio del rating: per l'Italia la perdita della A comporta una serie di conseguenze anche tecniche per il collocamento dei titoli di stato ma anche per il sistema bancario: difficoltà in vista per il credito alle imprese. Le reazioni dei mercati.

Il rischio numero uno per le impreseitaliane, dopo la stroncatura di Standard & Poor’s che ha applicato un taglio del rating di due gradini all’Italia portandolo sotto la A, è rappresentato dall’impatto sul credito: ottenere liquidità dalle banche rischia di diventare sempre più difficile, per di più in un momento che già vede soprattutto le Pmi alle prese con tassi di finanziamento particolarmente onerosi.

Taglio rating e downgrade banche

Il problema è che in genere, dopo che avviene il taglio del rating un Paese, quasi automaticamente parte una raffica di downgrade anche sulle banche. Difficilmente il rating di una banca può non incamerare il rischio Paese.
Non a caso, nel settembre scorso quando la stessa S&P declassò l’Italia, in quel caso di un solo gradino, pochi giorni dopo arrivarono anche le revisioni al ribasso dei rating degli istituti di credito.

Taglio rating Paesi europei

S&P non ha abbassato solo il giudizio sull’Italia ma ha efficializzato un taglio del rating a ben nove Paesi europei: la decisione più clamorosa, insieme al downgrade dell’Italia, è la perdita della tripla A da parte della Francia (scende dunque a 12 il numero di paesi nel mondo che mantengono il giudizio più alto). Retrocesse anche Austria, Spagna (come l’Italia, rating tagliato di due gradini, ma Madrid resta in serie A, nel senso che conserva una A), Portogallo, Cipro, Malta, Slovacchia, Slovenia.

Va detto che la stessa agenzia di rating, nel report con cui giustifica il provvedimento, sottolinea «con molta forza la positività dell’azione in corso del Governo italiano», quello presieduto da Mario Monti. Aggiungendo anche come l’agenzia ravvisi una generale «insufficienza della governance dell’Eurozona».

Critiche a S&P

Non è un caso se da più parti si è parlato di un “declassamento dell’intera Europa“. La decisione dell’agenzia di rating americana continua a sollevare un coro di critiche anche pesanti, fra gli osservatori, che parlano a tratti esplicitamente di un attacco all’Europa.

E probabilmente anche a causa dei timori legati alle conseguenze di questa azione, dalle capitali del Vecchio Continente è arrivato un coro di critiche all’agenzia di rating e di dichiarazione di rinnovata fiducia nell’economia europea. E in quella italiana.

Difficoltà per le imprese italiane

Il provvedimento contro l‘Italia è particolarmente pesante: non avere più nemmeno una A nel rating significa avere oggettivamente una maggiore difficoltà a finanziarie il proprio debito (cioè a piazzare i titoli di stato). i grandi investitori, come i fondi pensione, spesso per statuto non possono investire su titoli di Paesi che non hanno la A.

E se questo è un grave handicap per l’intero Paese (non a caso il calendario delle missioni internazionali, in Europa ma anche in Usa e in Asia, del premier Mario Monti, è particolarmente fitto), lo stesso meccanismo rischia di diventare una forte penalizzazione per le imprese.

Se infatti dovesse succedere che dopo S&P anche altre agenzie di rating portassero l’Italia in serie B, scatterebbero ulteriori limitazioni alla liquidità del sistema bancario. Perchè in presenza di due rating dello stesso livello, scattano nuovi parametri patrimoniali per i prestiti interbancari e per altre attività legate all’operatività degli istituti di credito.

E non è difficile immaginare che a farne le spese, insieme ai risparmiatori, sarebbero le imprese. Nell’attuale panorama di crisi economica, la scarsa liquidità del sistema e la stretta al credito hanno già reso il finanziamento presso il sistema bancario piuttosto oneroso, soprattutto per le Pmi. Queste infatti sopportano in costi più alti: per le piccole imprese i tassi oscillano fra il 6,5% e il 10,5%, per quelle di medie dimensioni si va dal 4,16% al 6,8%.

Anche per le imprese, dunque, per le quali soprattutto in un momento di crisi economica è strategico il rapporto con le banche e l’accesso al credito, il declassamento dell’Italia è una pessima notizia dal punto di vista concreto.

Reazione dei mercati

Infine, la reazione dei mercati. Chi si aspettava un crollo generalizzato, è rimasto deluso. Dopo il taglio del rating l’apertura delle Borse è stata sì negativa, ma gli indici hanno poi virato in positivo.
E anche lo spread, dopo essere stato riportato rapidamente sopra i 500 punti, si è poi assestato sotto questa soglia.

Reazioni influenzate anche dalle festività di Wall Street, chiusa per il Martin Luther King day. Non resta che attendere le prossime evoluzioni dei mercati, i quali hanno comunque dato l’impressione di aver già ampiamente scontato la notizia dei recenti tagli del rating.