Conciliazione, esodo e APe Social

Risposta di Barbara Weisz

Pubblicato 12 Giugno 2017
Aggiornato 10 Luglio 2017 09:35

F. chiede:

Gli ex dipendenti di Poste Italiane usciti dal lavoro tramite accordo aziendale possono accedere all’APe Social? Mi riferisco ai riferimenti nei decreti attuativi all’Art. 7 della legge 15 Luglio 1966 N.604. Nel mio caso, ad esempio, sono disoccupato dal 2016 con i requisiti contributivi e anagrafici per l’APe.

In effetti, il punto fondamentale è quello da lei sottolineato: la procedura di conciliazione prevista dalla legge 604/1966. Nel caso in cui la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sia avvenuta in base a questa procedura c’è il diritto all’APe Social, mentre in caso contrario la risposta è negativa. In linea generale, non credo che le dimissioni incentivate diano diritto all’Ape social.

=> Esodo postali e APe aziendale

Mi riferisco all’ipotesi in cui, ad esempio, un’azienda privata, nell’ambito di un processo di ristrutturazione aziendale, proponga incentivi all’esodo dei dipendenti. Non credo che questa procedura possa in alcun modo essere assimilata a quella prevista dall’articolo 7 del decreto 604/1966, che prevede la precisa volontà del datore di lavoro di effettuare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo: la procedura prevede appunto che l’impresa avverta il dipendente e avvii un tentativo di conciliazione. Se invece l’impresa sceglie una strada diversa (cioè, ad esempio, offre un incentivo all’esodo a una pluralità di lavoratori, che poi sceglieranno se dare o meno le dimissioni), non si rientra in questa procedura. E, di conseguenza, non c’è diritto all’APe Social.

=> APe Aziendale ed Esodo Fornero: le differenze

Fatta questa premessa, nel caso di Poste bisogna valutare la specifica vertenza e procedura attivata. Le consiglierei di porre una specifica domanda all’INPS.

Ne approfitto per ricordare che l’APe Social, con riferimento alla categoria dei lavoratori disoccupati, prevede che abbiano perso il lavoro involontariamente, quindi per licenziamento oppure per dimissioni per giusta causa o infine per risoluzione consensuale nell’ambito delle procedure dell’articolo 7 legge 603/1966. Devono anche avere finito di percepire il sussidio da almeno tre mesi, e avere almeno 30 anni di contributi versati.

Il requisito relativo al sussidio di disoccupazione potrebbe essere, nel vostro caso, un elemento di valutazione importante: se lei dopo il licenziamento ha percepito il sussidio, potrebbe rientrare nell’APe social. In caso contrario non ha accesso al trattamento di pensione anticipata a carico dello Stato.

Mi pare che lei abbia i requisiti per chiedere l’APe Volontaria (ancora non operativa per mancanza dei decreti attuativi, attesi comunque a breve): 63 anni di età, almeno 20 anni di contributi, 3 anni e sette mesi al massimo dalla pensione di vecchiaia, una pensione maturata pari ad almeno 1,4 volte il minimo (circa 700 euro lordi al mese). Come lei probabilmente sa, la differenza è che l’APe social è di fatto una forma di pensione anticipata, nel senso che il trattamento è a carico dello stato, mentre l’APe volontaria è un anticipo (erogato dall’INPS ma finanziato dalle banche), che poi il lavoratore restituirà in rate ventennale al momento di maturazione della pensione.

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