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Contratto unico a tutele crescenti: niente compromessi

di Barbara Weisz

Pubblicato 26 Settembre 2014
Aggiornato 6 Ottobre 2014 07:23

Renzi e Poletti poco inclini ai compromessi sul contratto unico a tutele crescenti senza più articolo 18 per le nuove assunzioni, che il Ddl Delega Lavoro prevede in sostituzione dell'attuale indeterminato: il dibattito.

L’Italia si prepara a dire addio all’Articolo 18, punto centrale del Jobs Act sul quale il Premier Matteo Renzi non sembra transigere: «non è tempo di compromessi e si va dritti con la riforma». I sindacati, pur di non perdere le tutele per i lavoratori conquistate negli anni, si sono comunque mostrati aperti al contratto a tutele crescenti per tutti i nuovi assunti a tempo indeterminato, ma insistendo per definire un periodo transitorio (di prova) dopo il quale scatterebbe il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa. Questo, in linea con alcuni degli emendamenti al Ddl Delega Lavoro, il cui testo attuale della Delega – così come approvato in Commissione al Senato – prevede al posto del reintegro una indennità economica che cresce con l’anzianità aziendale. 

=> Il Jobs Act cancella l’Articolo 18

Periodo di prova

La minoranza del Pd ha proposto alcuni emendamenti all’articolo 4 della Delega (contratti e licenziamenti), fra cui uno che prevede il diritto al reintegro dopo tre anni di contratto. Per Susanna Camusso, segretario generale Cgil, si può iniziare a trattare partendo da qui, ossia dalla proposta di lasciare l’Articolo 18, eliminandolo solo per un determinato periodo, da quantificare:

«Se si parla di allungare il periodo di prova, sono per discutere dei tempi. Se il periodo di prova deve essere maggiore dobbiamo parlarne. Sento parlare di tre o sette anni, non è la stessa cosa. Comunque possiamo discuterne».

Il punto è evitare che un lavoratore non raggiunga mai le tutele dell’articolo 18: ruota intorno a questo il dibattito politico e fra le parti socialiSul primo fronte, Ncd e Scelta Civica difendono l’impostazione per cui l’articolo 18 sarebbe eliminato per tutti i nuovi contratti, senza prevedere maturazione del diritto al reintegro dopo una determinato periodo. La minoranza del Pd chiede invece di far scattare il reintegro dopo un certo periodo di assunzione. I sindacati sembrano pronti a discutere su questa linea. Sul fronte sindacale, oltre alla Cgil anche la Uil sembra non voler cedere: Luigi Angeletti, ha inviato una lettera a Renzi per chiedergli un incontro sui temi del lavoro, per presentare le proprie proposte in merito. La chiosa del ministro del Lavoro Giuliano Poletti: ascoltiamo tutti, ma decide la direzione.

Intanto, il 29 settembre il premier Matteo Renzi scoprirà definitivamente le carte sulla linea che intende seguire per il Jobs Act e il nuovo contratto a tutele crescenti. Prevedibilmente, chiederà e otterrà un mandato forte ad andare avanti su una determinata strada, da tracciare con precisione.

Tutele crescenti

L’introduzione del contratto unico a tutele crescenti è stabilita dall’articolo 4 della Delega. L’iter parlamentare e il dibattito politico hanno già modificato l’ipotesi originaria di applicarlo solo agli ingressi nel mondo del lavoro (giovani al primo impiego), prevedendo il contratto indeterminato a tutele crescenti per tutti i lavoratori che stipulano un nuovo contratto con un’azienda. Sarebbe quindi esteso a tutte le assunzioni di personale (passaggi da un’azienda all’altra, riassorbimento disoccupati e via dicendo) a tempo indeterminato.

Riforma contratti

Tutte le ipotesi considerate si pongono l’obiettivo, di sfoltire gli altri contratti. Al momento, la situazione che si va delineando vede l’introduzione del nuovo contratto a tutele crescenti in sostituzione dell’attuale contratto a tempo indeterminato, per le nuove assunzioni, per il quale non si escludono meccanismi di incentivazione fiscale in caso di applicazione, che decadono nel momento in cui il lavoratore viene licenziato. Resterebbe anche l’opzione del tempo determinato, destinata a diventare ancora più costosa per l’azienda dal punto di vista dei versamenti contributivi, rincarando la dose rispetto all’attuale finanziamento Aspi aggiuntivo.  Dibattito aperto, infine, sulle altre forme contrattuali destinate a sopravvivere o scomparire: contratti a progetto, altri contratti flessibili, associazioni in partecipazione.