Licenziamento e verifica del periodo di comporto

di Noemi Ricci

Pubblicato 21 Febbraio 2018
Aggiornato 23 Febbraio 2018 10:02

La sentenza della Cassazione che chiarisce quali prove sono idonee a verificare il superamento del periodo di comporto posto alla base del licenziamento.

Con la sentenza n. 1634/2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di licenziamento, precisando che per un calcolo corretto delle giornate di malattia finalizzato alla verifica del superamento del periodo di comporto occorre, in giudizio, produrre documenti idonei come le certificazioni mediche.

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Superamento del periodo di comporto

Non costituiscono, invece, prove idonee a verificare il superamento del periodo di comporto posto alla base di un licenziamento le buste paga consegnate regolarmente dall’azienda al lavoratore, contenenti indicazione del numero  complessivo dei giorni di assenza e delle indennità per i giorni di malattia, anche se il dipendente, durante il rapporto di lavoro, non ha contestato i dati relativi ai giorni di malattia riportati in busta paga, né il versamento della relativa indennità.

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Nel caso in esame l’azienda si era opposta alla valutazione della Corte distrettuale che aveva ritenuto giustificata l’assenza del lavoratore sul posto di lavoro a titolo di ferie (e non di malattia) nonostante sussistessero evidenze istruttorie di segno contrario (istanza generica di fruizione di ferie, assenza di espressa autorizzazione, prospetto paga consegnato al lavoratore con indicazione del periodo di malattia e dell’erogazione della relativa indennità, mancata contestazione dei singoli periodi di malattia riportati nella lettera di motivazione del licenziamento). Questo anche a fronte del fatto che, secondo l’azienda, la Corte distrettuale aveva trascurato, per qualificare l’assenza del lavoratore quale ferie, l’assenza di qualsivoglia autorizzazione aziendale alla fruizione delle ferie.

Per la Corte di Cassazione, tuttavia, è corretta l’interpretazione secondo la quale:

La sola busta paga, documento di provenienza datoriale, non è sufficiente, non potendosi fare derivare dalla mera ricezione del prospetto alcun significato concludente circa l’accettazione dei titoli – quindi, anche l’indennità di malattia – che determinano la sua liquidazione.

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I giudici supremi precisano inoltre che:

Il giudice del merito è libero di scegliere le risultanze istruttorie ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione e di dare liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (ex plurimis Cass. SS.UU. 5802/1998 e 2418/2013, Cass. 1892/2002, 15355/2004, 1014/2006, 18119/2008, del 1998).

Periodo di comporto

Per completezza ricordiamo che per periodo di comporto si intende l’arco temporale in cui, in caso di malattia, il lavoratore ha diritto di conservare il posto di lavoro, ovvero non può essere licenziato se non per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o per cessazione totale dell’attività di impresa. Il licenziamento è ammesso scaduta la finestra temporale prevista dalla legge o dai CCNL, a meno che lo stato di malattia non dipenda dalla violazione di misure di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.

Fonte: Corte di Cassazione